Messaggio di Papa Francesco per la XXXII Giornata mondiale del malato.
Messaggio di Papa Francesco per la XXXII Giornata mondiale del malato.
«Fin dal principio, Dio, che è amore, ha creato l’essere umano per la comunione, inscrivendo nel suo essere la dimensione delle relazioni. Così, la nostra vita, plasmata a immagine della Trinità, è chiamata a realizzare pienamente sé stessa nel dinamismo delle relazioni, dell’amicizia e dell’amore vicendevole. Siamo creati per stare insieme, non da soli. E proprio perché questo progetto di comunione è inscritto così a fondo nel cuore umano, l’esperienza dell’abbandono e della solitudine ci spaventa e ci risulta dolorosa e perfino disumana. Lo diventa ancora di più nel tempo della fragilità, dell’incertezza e dell’insicurezza, spesso causate dal sopraggiungere di una qualsiasi malattia seria».
Inizia così il messaggio di Papa Francesco per la trentaduesima Giornata mondiale del malato, che sarà celebrata l’11 febbraio 2024. Si intitola “«Non è bene che l’uomo sia solo» (Gen 2,18). Curare il malato curando le relazioni” e affronta il tema della solitudine dei malati, dei più fragili, di coloro che soffrono le conseguenze della guerra, di quelli che sono prossimi alla morte. Anche nei Paesi che godono di pace e maggiori risorse, il tempo dell’anzianità e della malattia è spesso vissuto nella solitudine e, talvolta, nell’abbandono. La cultura dell’individualismo, che coltiva il mito dell’efficienza, rende scarto le persone non hanno più le forze necessarie per stare al passo.
Per rimettere al centro la dignità della persona umana, afferma il pontefice, ci fa bene riascoltare quella parola biblica: non è bene che l’uomo sia solo. Lo dice Dio agli inizi della creazione, svelandoci così il senso profondo del suo progetto per l’umanità e, di conseguenza, il peccato generato da sospetti, fratture, divisioni. L’isolamento fa perdere il significato dell’esistenza, toglie la gioia dell’amore e fa sperimentare un oppressivo senso di solitudine. Per questo, la prima cura di cui si ha bisogno nella malattia è la vicinanza piena di compassione e tenerezza, è l’attenzione a tutte le relazioni: con Dio, con gli altri – familiari, amici, operatori sanitari –, col Creato, con sé stessi.
«A voi, che state vivendo la malattia, passeggera o cronica, vorrei dire: non abbiate vergogna del vostro desiderio di vicinanza e di tenerezza! Non nascondetelo e non pensate mai di essere un peso per gli altri. La condizione dei malati invita tutti a frenare i ritmi esasperati in cui siamo immersi e a ritrovare noi stessi. In questo cambiamento d’epoca che viviamo, specialmente noi cristiani siamo chiamati ad adottare lo sguardo compassionevole di Gesù. Prendiamoci cura di chi soffre ed è solo, magari emarginato e scartato. […] E così cooperiamo a contrastare la cultura dell’individualismo, dell’indifferenza, dello scarto e a far crescere la cultura della tenerezza e della compassione».
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