Omelia di Papa Francesco per il 60° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II.
Omelia di Papa Francesco per il 60° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II.
Alla messa di ieri, memoria di san Giovanni XXIII, per il sessantesimo anniversario dell’inizio del Concilio ecumenico Vaticano II, Papa Francesco ha ringraziato Dio per il dono di questo evento storico. Nell’omelia, si è soffermato ad analizzare la prima frase che Gesù rivolge a Pietro nel Vangelo del giorno, «Mi ami?» (Gv 21,15), e l’ultima, «Pasci le mie pecore» (v. 17). Le parole iniziali sono un interrogativo, perché lo stile di Gesù non è tanto quello di dare risposte, ma di fare domande che provocano la vita. Il Vaticano II, convocato dalla Chiesa per riflettere sulla propria natura e sulla propria missione, è stato una grande risposta a questa domanda, data partendo non dall’io ma dal Signore e dal suo sguardo innamorato su di noi.
«Riscopriamo il Concilio per ridare il primato a Dio, all’essenziale: a una Chiesa che sia pazza di amore per il suo Signore e per tutti gli uomini, da Lui amati; a una Chiesa che sia ricca di Gesù e povera di mezzi; a una Chiesa che sia libera e liberante. Il Concilio indica alla Chiesa questa rotta: la fa tornare, come Pietro nel Vangelo, in Galilea, alle sorgenti del primo amore, per riscoprire nelle sue povertà la santità di Dio».
Poi, c’è il verbo “pasci”, col quale Gesù esprime l’amore che desidera da Pietro. A lui, pescatore di uomini, viene chiesto di diventare pastore: prima doveva attirare a sé la gente, ora dovrà occuparsi degli altri. Dovrà vivere e nutrire le persone stando in mezzo a loro, non sopra come quando si pesca. Dovrà stare davanti al popolo per segnare la strada e dietro per essere vicino a quelli in ritardo. Il Concilio ci ha insegnato a stare nel mondo con il prossimo senza mai sentirci al di sopra di lui, a portare il buon annuncio del Vangelo dentro la vita e le lingue degli uomini, a condividere le loro gioie e le loro speranze. Continua il pontefice:
«Fratelli e sorelle, torniamo al Concilio, che ha riscoperto il fiume vivo della Tradizione senza ristagnare nelle tradizioni; che ha ritrovato la sorgente dell’amore non per rimanere a monte, ma perché la Chiesa scenda a valle e sia canale di misericordia per tutti. Torniamo al Concilio per uscire da noi stessi e superare la tentazione dell’autoreferenzialità, che è un modo di essere mondano».
Infine, vengono nominate “le mie pecore”, ovvero tutto il gregge, tutto il popolo di Dio che il buon Pastore vuole vedere unito sotto la guida dei pastori che gli ha dato. Questo sguardo d’insieme si ha, ricorda il Concilio, in una Chiesa che è comunione. Le lusinghe diaboliche della divisione e della polarizzazione non smettono di tentare, ma lacerano il cuore della Madre. Per questo, dice il Papa, liberiamoci dalla presunzione dell’autosufficienza e dell’autoesclusione dall’unità. Siamo tutti figli di Dio, tutti fratelli nella Chiesa, tutti Chiesa.
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