L’omelia di Papa Francesco su salvezza e liberazione nella messa in occasione dell’anniversario della visita a Lampedusa.
L’omelia di Papa Francesco su salvezza e liberazione nella messa in occasione dell’anniversario della visita a Lampedusa.
“In questo sesto anniversario della visita a Lampedusa, il mio pensiero va agli ultimi che ogni giorno gridano al Signore, chiedendo di essere liberati dai mali che li affliggono. Sono gli ultimi ingannati e abbandonati a morire nel deserto; sono gli ultimi torturati, abusati e violentati nei campi di detenzione; sono gli ultimi che sfidano le onde di un mare impietoso; sono gli ultimi lasciati in campi di un’accoglienza troppo lunga per essere chiamata temporanea. […] Nello spirito delle Beatitudini siamo chiamati a consolare le loro afflizioni e offrire loro misericordia; a saziare la loro fame e sete di giustizia; a far sentire loro la paternità premurosa di Dio; a indicare loro il cammino per il Regno dei Cieli. Sono persone, non si tratta solo di questioni sociali o migratorie!”
Nella messa di ieri nella Basilica di San Pietro in occasione dell’anniversario della visita a Lampedusa, Papa Francesco ha parlato di salvezza e liberazione in relazione agli ultimi, tra i quali vi sono i migranti, partendo dall’immagine della scala di Giacobbe. Nel suo sogno, la scala, sulla quale salgono e scendono gli angeli di Dio, rappresenta il collegamento tra il divino e l’umano, che si realizza storicamente nell’incarnazione di Cristo (cfr Gv 1,51), offerta amorosa di rivelazione e di salvezza da parte del Padre.
Di fronte a questa rivelazione, Giacobbe si affida completamente al Signore. Come anche il capo della sinagoga e la donna malata nel Vangelo (cfr Mt 9,18-26), che si avvicinano a Gesù per ottenere da Lui ciò che nessun altro può dare loro: liberazione dalla malattia e dalla morte. Senza distinzioni, sia la figlia di una delle autorità cittadine, sia la donna afflitta da una malattia che la rende una reietta si vedono elargire la redenzione. Gesù, comunque, rivela ai suoi discepoli la necessità di un’opzione preferenziale per gli ultimi, i quali devono essere messi al primo posto nell’esercizio della carità.
“In Gesù Cristo il collegamento tra la terra e il Cielo è assicurato e accessibile a tutti. Ma salire i gradini di questa scala richiede impegno, fatica e grazia. I più deboli e vulnerabili devono essere aiutati. Mi piace allora pensare che potremmo essere noi quegli angeli che salgono e scendono, prendendo sottobraccio i piccoli, gli zoppi, gli ammalati, gli esclusi: gli ultimi, che altrimenti resterebbero indietro e vedrebbero solo le miserie della terra, senza scorgere già da ora qualche bagliore di Cielo. Si tratta, fratelli e sorelle, di una grande responsabilità, dalla quale nessuno si può esimere se vogliamo portare a compimento la missione di salvezza e liberazione alla quale il Signore stesso ci ha chiamato a collaborare.”
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