Omelie di Papa Francesco per la commemorazione di tutti i fedeli defunti.
Omelie di Papa Francesco per la commemorazione di tutti i fedeli defunti.
«Pensando ai morti, custodendo la memoria dei morti e custodendo la speranza, chiediamo al Signore la pace, perché la gente non si uccida più nelle guerre. Tanti innocenti morti, tanti soldati che vi lasciano la vita. Ma questo, perché? Le guerre sono sempre una sconfitta, sempre. Non c’è vittoria totale, no. Sì, uno vince sull’altro, ma dietro c’è sempre la sconfitta del prezzo pagato». Lo ha detto Papa Francesco nell’omelia della messa per la commemorazione di tutti i fedeli defunti, che si è tenuta ieri presso il Rome War Cemetery, pensando soprattutto ai giovani che hanno avuto la vita stroncata e alla disperazione dei loro genitori.
Il pontefice si è soffermato a meditare sulla memoria e sulla speranza. C’è la memoria di chi ci ha preceduto trascorrendo la vita facendo del bene in famiglia, tra gli amici, nella società, ma anche quella di coloro che «non sono riusciti a fare tanto bene, ma sono stati ricevuti nella memoria di Dio, nella misericordia di Dio. È il mistero della grande misericordia del Signore». C’è poi la speranza, che serve per guardare avanti e andare verso l’incontro con il Signore e con tutti. È una grazia, perché non delude mai aiutandoci a risolvere i problemi di ogni giorno, è «la virtù teologale “della cucina”, perché è alla mano e ci viene sempre in aiuto».
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Nella mattina di venerdì, il Papa ha celebrato nella Basilica di San Pietro la messa in suffragio del pontefice Benedetto XVI e dei cardinali e vescovi defunti nel corso dell’anno. Nella sua omelia, Francesco ha parlato della compassione che prende Gesù (Lc 7,13) quando vede a Nain la madre rimasta vedova che sta per seppellire il suo unico figlio. Questa compassione è concreta, perché Cristo si fa vicino toccando la bara, a quel tempo gesto inutile e impuro, e alla donna dice «Non piangere!» (Lc 7,13), non perché sia sbagliato, ma perché con il Signore le lacrime avranno una fine. Poi avviene il miracolo della risurrezione del figlio, prodigio per una vedova e un orfano che, assieme al forestiero, la Bibbia indica come i più soli e abbandonati, quindi «le persone più intime e care al Signore».
Questo passo evangelico parla anche di umiltà, perché l’orfano e la vedova rifiutano ogni presunzione di autosufficienza, si riconoscono bisognosi del Signore e si fidano di Lui. «Sono questi poveri in spirito a rivelarci la piccolezza tanto gradita al Signore, la via che conduce al Cielo. Dio cerca persone umili, che sperano in Lui, non in sé stessi e nei propri piani». Dio, l’umile per eccellenza che si è abbassato tra di noi senza imporsi, «ama l’umiltà perché gli permette di interagire con noi». Gesù ha infatti detto «chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11), perché è bello rinunciare a sé stessi per Lui.
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