Omelia di Papa Francesco alla messa nella Domenica della Parola di Dio.
Omelia di Papa Francesco alla messa nella Domenica della Parola di Dio.
«Nella prima Lettura e nel Vangelo troviamo due gesti paralleli: il sacerdote Esdra pone in alto il libro della legge di Dio, lo apre e lo proclama davanti a tutto il popolo; Gesù, nella sinagoga di Nazaret, apre il rotolo della Sacra Scrittura e legge un passo del profeta Isaia davanti a tutti. Sono due scene che ci comunicano una realtà fondamentale: al centro della vita del popolo santo di Dio e del cammino della fede non ci siamo noi, con le nostre parole. Al centro c’è Dio con la sua Parola.»
È iniziata così l’omelia di Papa Francesco alla messa di ieri nella Domenica della Parola di Dio, dalla quale tutto ha avuto inizio. Il Signore con il suo verbo ha creato l’universo, ci ha parlato per mezzo dei profeti e ha inviato tra noi la sua stessa voce incarnata in Gesù. Per questo nel Vangelo Gesù nel Vangelo annuncia qualcosa di inaudito: «Oggi si è compiuta questa Scrittura» (Lc 4,21). Il pontefice ha poi proposto due meditazioni su due aspetti legati tra loro: la Parola svela Dio e la Parola ci porta all’uomo.
Il primo riguarda il fatto che Gesù, venuto per la liberazione dei poveri e degli oppressi, ci svela il volto del Padre come di Colui che si prende cura della nostra povertà e ha a cuore il nostro destino. Dio non è distante e impassibile nell’alto dei cieli, ma sempre vicino a noi e con noi con compassione e tenerezza. E lo fa con la sua Parola, che accende la speranza oltre le tristezze e le paure per farci ritrovare la gioia. La storia d’amore per noi che essa racconta ci deve liberare dall’immagine sbagliata che potremmo avere di Dio, rigida e rigorosa, per portare dentro il cuore quella liberante e misericordiosa.
La Parola, poi, ci porta all’uomo. La comprensione che Dio è amore compassionevole ci permette di non cadere nell’idolatria di chiuderci in una religiosità sacrale, che si riduce a culto esteriore e non trasforma la vita. Come Gesù è stato inviato per andare incontro ai poveri, ovvero tutti noi, e liberarli e non per consegnarci un elenco di norme oppure officiare qualche cerimonia religiosa, noi dobbiamo uscire da noi stessi per metterci in cammino incontro ai fratelli e all’umanità ferita. La chiusura non ci cambia, mentre la Parola di Dio sì, perché ci provoca e ci scuote portando alla luce le nostre contraddizioni in un mondo lacerato dall’ingiustizia e dalla fame. Essa ci esorta a non nasconderci dietro i “è un problema loro” o “che cosa posso farci io” e ad agire.
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