La fede non ci è data per restare a fissare il cielo, ma per camminare sulle strade del mondo

Omelia di Papa Francesco alla messa nell’Epifania del Signore.

«Come i Magi, alziamo gli occhi al cielo, mettiamoci in cammino alla ricerca del Signore, pieghiamo il cuore in adorazione. Guardare il cielo, andare in cammino e adorare. E chiediamo la grazia di non perdere mai il coraggio: il coraggio di essere cercatori di Dio, uomini di speranza, intrepidi sognatori che scrutano il cielo, il coraggio della perseveranza nel camminare sulle strade del mondo, con la stanchezza del vero cammino, e il coraggio di adorare, il coraggio di guardare il Signore che illumina ogni uomo».

Lo ha chiesto Papa Francesco durante la messa nella solennità dell’Epifania del Signore. Nella sua omelia, si è soffermato sulle azioni dei Magi, che sono immagine dei popoli in cammino alla ricerca di Dio, degli stranieri condotti al Signore, dei lontani che possono udire l’annuncio della salvezza, degli smarriti che sentono il richiamo di una voce amica. Essi hanno puntato gli occhi verso il cielo, messo i piedi in cammino sulla terra e prostrato il cuore nell’adorazione.

Puntare gli occhi verso il cielo significa non vivere guardando la punta dei propri piedi, ripiegati su sé stessi, prigionieri di un orizzonte terreno e immersi nella rassegnazione o nella lamentela. I Magi alzano il capo per attendere una luce che illumini il senso della loro vita e, così, vedono spuntare una stella, la più luminosa di tutte, che li attrae e li spinge al cammino. Essi mettono in moto i loro piedi cercando colui che è nato, il re dei Giudei. Lo fanno in contemplazione, perché è alzando il capo verso l’alto che sono sospinti a scendere in basso, è cercando Dio sono inviati a trovarlo nell’uomo. Anzi, in un Bambino che giace in una mangiatoia, perché l’infinitamente grande si è svelato nell’infinitamente piccolo.

«Il dono della fede non ci è dato per restare a fissare il cielo (cfr At 1,11), ma per camminare sulle strade del mondo come testimoni del Vangelo; la luce che illumina la nostra vita, il Signore Gesù, non ci è data solo per essere consolati nelle nostre notti, ma per aprire squarci di luce nelle tenebre fitte che avvolgono tante situazioni sociali; il Dio che viene a visitarci non lo troviamo restando fermi in qualche bella teoria religiosa, ma solo mettendoci in cammino, cercando i segni della sua presenza nelle realtà di ogni giorno e, soprattutto, incontrando e toccando la carne dei fratelli».

Infine, i Magi hanno anche il cuore prostrato in adorazione. Guardano la stella nel cielo, ma non si rifugiano in una devozione astratta; si mettono in viaggio, ma non vagano come turisti senza meta. Essi, giunti a Betlemme, si prostrano davanti al Bambino e gli offrono dei doni. Dinanzi al Dio che si è fatto uomo, siamo chiamati a piegare il cuore e le ginocchia per riscoprire il gusto della preghiera di adorazione.

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