Amare il prossimo significa anche farsi prossimi di tutti i viandanti feriti

L’omelia di Papa Francesco nella messa in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato.

“I forestieri, le vedove e gli orfani sono i senza diritti, gli esclusi, gli emarginati, per i quali il Signore ha una particolare sollecitudine. Per questo Dio chiede agli Israeliti di avere un’attenzione speciale per loro. […] Il Dio di Israele è Colui «che fa giustizia all’orfano e alla vedova, che ama lo straniero e gli dà pane e vestito» (Dt 10,18). Questa preoccupazione amorosa verso i meno privilegiati è presentata come un tratto distintivo del Dio di Israele, ed è anche richiesta, come un dovere morale, a tutti coloro che vogliono appartenere al suo popolo.”

Nell’omelia della messa in occasione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato celebrata ieri, Papa Francesco ricorda come dobbiamo avere un’attenzione particolare verso i forestieri, oltre che le vedove, gli orfani e tutti gli scartati dei nostri giorni, ovvero gli abitanti delle periferie esistenziali che sono vittime della cultura dello scarto. Nei loro confronti il Signore ci chiede di mettere in pratica la carità, restaurando la loro umanità assieme alla nostra.

“Contemporaneamente all’esercizio della carità, il Signore ci chiede di riflettere sulle ingiustizie che generano esclusione, in particolare sui privilegi di pochi che, per essere conservati, vanno a scapito di molti. […] È in questo senso che vanno comprese le dure parole del profeta Amos proclamate nella prima Lettura (6,1.4-7). Guai, guai agli spensierati e ai gaudenti di Sion, che non si preoccupano della rovina del popolo di Dio, che pure è sotto gli occhi di tutti. Essi non si accorgono dello sfacelo di Israele, perché sono troppo occupati ad assicurarsi il buon vivere, cibi prelibati e bevande raffinate. È impressionante come, a distanza di ventotto secoli, questi ammonimenti conservino intatta la loro attualità.”

Anche noi, continua Papa Francesco, rischiamo di essere troppo presi dal preservare il nostro benessere e di non accorgerci del fratello e della sorella in difficoltà. Come cristiani, non possiamo rimanere insensibili di fronte al dramma delle vecchie e nuove povertà, non possiamo essere indifferenti verso la discriminazione di chi non appartiene al nostro gruppo sociale, non possiamo non reagire.

“Se vogliamo essere uomini e donne di Dio, come chiede San Paolo a Timoteo, dobbiamo «conservare senza macchia e in modo irreprensibile il comandamento» (1Tm 6,14); e il comandamento è amare Dio e amare il prossimo. Non si possono separare! […] Amare il prossimo significa sentire compassione per la sofferenza dei fratelli e delle sorelle, avvicinarsi, toccare le loro piaghe, condividere le loro storie, per manifestare concretamente la tenerezza di Dio nei loro confronti. Significa farsi prossimi di tutti i viandanti malmenati e abbandonati sulle strade del mondo, per lenire le loro ferite e portarli al più vicino luogo di accoglienza, dove si possa provvedere ai loro bisogni.”

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