Non va seguito chi diffonde allarmismi e alimenta la paura dell’altro

Omelia di Papa Francesco alla messa per la Giornata mondiale dei poveri.

«Gesù oggi ci dice che quasi tutto passerà. Quasi tutto, ma non tutto. […] A crollare, a passare sono le cose penultime, non quelle ultime: il tempio, non Dio; i regni e le vicende dell’umanità, non l’uomo. Passano le cose penultime, che spesso sembrano definitive, ma non lo sono. […] Rimane quello che non passerà mai: il Dio vivo, infinitamente più grande di ogni tempio che gli costruiamo, e l’uomo, il nostro prossimo, che vale più di tutte le cronache del mondo.»

Alla messa per la Giornata mondiale dei poveri, celebrata ieri, Papa Francesco ha spiegato come mai le parole di Gesù, il quale dice che del tempio di Gerusalemme non rimarrà «pietra su pietra» (Lc 21,6), profetizzano che le salde certezze del popolo di Dio crolleranno e Dio lascerà accadere tutto ciò. Per aiutarci a non legarci a ciò che non conta nella vita e a concentrarci su quello che non passerà mai, dobbiamo metterci in guardia da due tentazioni.

«La prima è la tentazione della fretta, del subito. […] Eppure, quante volte ci lasciamo sedurre dalla fretta di voler sapere tutto e subito, dal prurito della curiosità, dall’ultima notizia eclatante o scandalosa, dai racconti torbidi, dalle urla di chi grida più forte e più arrabbiato, da chi dice “ora o mai più”. Ma questa fretta, questo tutto e subito non viene da Dio. Se ci affanniamo per il subito, dimentichiamo quel che rimane per sempre […] Attratti dall’ultimo clamore, non troviamo più tempo per Dio e per il fratello che ci vive accanto. […] Nella smania di correre, di conquistare tutto e subito, dà fastidio chi rimane indietro.»

Per Gesù, questa tentazione va combattuta con la perseveranza, ricordandosi ogni giorno quello che non passa, ciò che conta davvero: il Signore e il prossimo. La perseveranza è il dono di Dio con cui si conservano tutti gli altri suoi doni.

«C’è un secondo inganno da cui Gesù vuole distoglierci […]. È la tentazione dell’io. Il cristiano, come non ricerca il subito ma il sempre, così non è un discepolo dell’io, ma del tu. Non segue, cioè, le sirene dei suoi capricci, ma il richiamo dell’amore, la voce di Gesù. E come si distingue la voce di Gesù? “Molti verranno nel mio nome”, dice il Signore, ma non sono da seguire: non basta l’etichetta “cristiano” o “cattolico” per essere di Gesù. Bisogna parlare la stessa lingua di Gesù, quella dell’amore, la lingua del tu. Parla la lingua di Gesù non chi dice io, ma chi esce dal proprio io.»

I poveri sono preziosi agli occhi di Dio perché non parlano la lingua dell’io. Non riescono a sostenersi da soli, hanno bisogno di qualcuno che lo faccia. Papa Francesco esorta quindi ad accogliere la loro richiesta di aiuto come una chiamata a uscire dal nostro io. Perché l’unica cosa ultima, che rimarrà per sempre, è l’amore. E andare incontro al povero che chiede amore porta dritto al Signore, che è amore.

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