Omelia di Papa Francesco per la messa nel Mercoledì delle Ceneri.
Omelia di Papa Francesco per la messa nel Mercoledì delle Ceneri.
«In questo giorno, che apre il tempo di Quaresima, il Signore ci dice: “State attenti a non praticare la vostra giustizia davanti agli uomini per essere ammirati da loro, altrimenti non c’è ricompensa per voi presso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 6,1). Può sorprendere, ma nel Vangelo di oggi la parola che ricorre più volte è ricompensa (cfr vv 1.2.5.16). Solitamente, al Mercoledì delle Ceneri la nostra attenzione si concentra sull’impegno richiesto dal cammino di fede, più che sul premio a cui esso va incontro. Eppure oggi il discorso di Gesù ritorna ogni volta su questo termine, ricompensa, che sembra essere la molla del nostro agire».
È iniziata così l’omelia di Papa Francesco alla messa per il Mercoledì delle Ceneri, letta però dal cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, che ha presieduto la celebrazione a causa dell’indisponibilità del pontefice dovuta a un acuto dolore al ginocchio. La ricompensa, continua il testo, è però di due tipi: c’è quella presso il Padre, eterna, vera e definitiva, e quella presso gli uomini, transitoria, mondana e illusoria. Quest’ultima è fatta di apparenza e porta inquietudine e scontentezza, perché perde di vista il Padre e i fratelli. La malattia dell’apparenza, vera e propria “schiavitù degli occhi e della mente” (cfr Ef 6,6; Col 3,22), ci fa vivere all’insegna della vanagloria, per cui quel che conta non è la pulizia del cuore, ma l’ammirazione della gente; non lo sguardo di Dio su di noi, ma come ci guardano gli altri. Il rito delle ceneri vuole sottrarci da questo errore.
«Le ceneri mettono in luce il nulla che si nasconde dietro l’affannosa ricerca delle ricompense mondane. Ci ricordano che la mondanità è come polvere, che viene portata via da un po’ di vento. Sorelle e fratelli, non siamo al mondo per inseguire il vento; il nostro cuore ha sete di eternità. La Quaresima è un tempo donatoci dal Signore per tornare a vivere, per essere curati interiormente e per camminare verso la Pasqua, verso ciò che non passa, verso la ricompensa presso il Padre. È un cammino di guarigione. Non per cambiare tutto dall’oggi al domani, ma per vivere ogni giorno con uno spirito nuovo, con uno stile diverso. A questo servono la preghiera, la carità e il digiuno: purificati dalle ceneri quaresimali, purificati dall’ipocrisia dell’apparenza, ritrovano tutta la loro forza e rigenerano un rapporto vivo con Dio, con i fratelli e con sé stessi».
La preghiera umile e intima diventa il modo per far fiorire la vita all’esterno, continua il pontefice, perché è un dialogo caldo di affetto e fiducia che consola e apre il cuore. Soprattutto in questo tempo di Quaresima, facciamola guardando il Crocifisso, lasciandoci invadere senza fretta dalla commovente tenerezza di Dio e mettendo nelle sue ferite le ferite nostre e quelle del mondo. Se la preghiera è vera, non può che tradursi in carità, ovvero ciò che, grazie alla gioia del dono, ci libera dalla schiavitù peggiore: quella da noi stessi. Infine, il digiuno da ogni dipendenza ci libera dall’autoreferenzialità della ricerca ossessiva del benessere del corpo, riportandoci a dare il giusto valore alle cose e ricordandoci che la vita non va sottomessa alla contingenza di questo mondo. Così, gli effetti di preghiera, carità e digiuno si riverseranno non solo in noi, ma verso tutti. Solo così si può cambiare la storia.
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