Il saper dire “grazie” ci porta ad affermare la presenza di Dio-amore

Omelia di Papa Francesco alla messa e canonizzazione dei beati Scalabrini e Zatti.

«Mentre Gesù è in cammino, dieci lebbrosi gli vanno incontro gridandogli: “Abbi pietà di noi” (Lc 17,13). Tutti e dieci vengono guariti, ma soltanto uno di loro ritorna per ringraziare Gesù: è un samaritano, una sorta di eretico per i giudei. All’inizio camminano insieme, poi però la differenza la fa quel samaritano, che torna indietro “lodando Dio a gran voce” (v. 15)».

Inizia così l’omelia che Papa Francesco ha pronunciato ieri alla messa e canonizzazione dei beati Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti. Partendo da queste parole, egli ha voluto soffermarsi su due aspetti: camminare insieme e ringraziare. Riguardo al primo, evidenzia come all’inizio tra i dieci lebbrosi non ci siano differenze: stanno assieme ai margini della vita sociale e religiosa e vanno tutti incontro a Gesù. Persino il samaritano, anche se ritenuto eretico, sta nel gruppo, perché la malattia e la fragilità comuni fanno cadere le barriere e superare ogni esclusione.

«Si tratta di un’immagine bella anche per noi: quando siamo onesti con noi stessi, ci ricordiamo di essere tutti ammalati nel cuore, di essere tutti peccatori, tutti bisognosi della misericordia del Padre. E allora smettiamo di dividerci in base ai meriti, ai ruoli che ricopriamo o a qualche altro aspetto esteriore della vita, e cadono così i muri interiori, cadono i pregiudizi. Così, finalmente, ci riscopriamo fratelli. […] Ricordiamoci questo: la fede cristiana sempre ci chiede di camminare insieme agli altri, mai di essere marciatori solitari; sempre ci invita a uscire da noi stessi verso Dio e verso i fratelli, mai di chiuderci in noi stessi; sempre ci chiede di riconoscerci bisognosi di guarigione e di perdono, e di condividere le fragilità di chi ci sta vicino, senza sentirci superiori».

Il secondo aspetto affrontato dal pontefice è ringraziare. Dal gruppo dei lebbrosi, solo uno, vedendosi guarito, torna indietro per lodare Dio e manifestare gratitudine a Gesù. A differenza degli altri, il samaritano non dimentica la grazia del Signore e inizia una relazione con Cristo. Il suo atteggiamento non è un semplice gesto di cortesia, ma l’inizio di un percorso di riconoscenza. Questa è una lezione per noi, che ogni giorno beneficiamo dei doni di Dio, ma spesso ce ne andiamo per la nostra strada dandoli per scontati e dimenticandoci di essere riconoscenti, finendo per pensare che tutto quanto riceviamo sia ovvio e dovuto.

«La gratitudine, il saper dire “grazie”, ci porta invece ad affermare la presenza di Dio-amore. E anche a riconoscere l’importanza degli altri, vincendo l’insoddisfazione e l’indifferenza che ci abbruttiscono il cuore. È fondamentale saper ringraziare. Ogni giorno, dire grazie al Signore, ogni giorno saperci ringraziare tra di noi: in famiglia, per quelle piccole cose che riceviamo a volte senza neanche chiederci da dove arrivino; nei luoghi che frequentiamo quotidianamente, per i tanti servizi di cui godiamo e per le persone che ci sostengono; nelle nostre comunità cristiane, per l’amore di Dio che sperimentiamo attraverso la vicinanza di fratelli e sorelle che spesso in silenzio pregano, offrono, soffrono, camminano con noi».

Il vescovo Scalabrini, che fondò due congregazioni per l’assistenza dei migranti, e il salesiano Zatti, esempio vivente di gratitudine nella cura degli infermi, ci ricordano proprio l’importanza di camminare insieme e saper ringraziare.

Clicca qui per leggere il testo completo dell’omelia