Il «cattolico pulito» occupa il posto di Dio con il proprio “io” e non dialoga con Lui

Omelia di Papa Francesco della celebrazione della Riconciliazione.

«Chi è troppo ricco di sé e della propria “bravura” religiosa presume di essere giusto e migliore degli altri – quante volte in parrocchia succede questo: “Io sono dell’Azione Cattolica, io vado ad aiutare il prete, io faccio la raccolta…, io, io, io”, quante volte succede di credersi migliori degli altri; ognuno, nel proprio cuore, pensi se qualche volta è successo – chi fa così si lascia appagare dal fatto che ha salvato le apparenze; si sente a posto, ma così non può fare posto a Dio perché non sente bisogno di Lui».

Nell’omelia della celebrazione di Riconciliazione che ha aperto la decima edizione dell’iniziativa quaresimale “24 ore per il Signore” presso la parrocchia di Santa Maria delle Grazie al Trionfale a Roma, Papa Francesco ha parlato dei «cattolici puliti», quelli che si sentono giusti perché vanno in parrocchia e alla messa domenicale ma hanno occupato il posto di Dio con il proprio “io”. Essi, anche se recitano preghiere e compiono azioni sacre, non dialogano veramente con Lui perché fanno monologhi. Solo chi è povero nello spirito e si sente mendicante di grazia trova tutto nel Padre. Nella parabola del giorno (Lc 18,9-14), Gesù racconta di un fariseo e un pubblicano che vanno al tempio a pregare, ma solo uno arriva al cuore di Dio. Il primo lo fa in piedi e a fronte alta, il secondo a distanza e senza alzare gli occhi al cielo.

Il fariseo, ha continuato il pontefice, è sicuro di sé, come uno che debba essere ammirato per la sua bravura. Con questo atteggiamento egli prega Dio in modo formalmente ineccepibile, ma in realtà celebra sé stesso e non Gli porta la verità del cuore. Per lui la salvezza non è un dono, ma un premio per i suoi meriti. Il pubblicano, invece, manifesta il suo essere peccatore rispetto alla santità del Signore facendo spazio per fare esperienza del Suo abbraccio misericordioso. Egli non parla di sé stesso, ma porta le sue fragilità e chiede perdono. Ognuno di noi, facendo un esame di coscienza, può trovare il fariseo e il pubblicano dentro di sé. Non dobbiamo nasconderci dietro l’ipocrisia delle apparenze, ma affidare con fiducia alla benevolenza divina i nostri errori e le nostre miserie. Questo è il sacramento della riconciliazione.

«Fratelli, sorelle, ricordiamoci questo: il Signore viene a noi quando prendiamo le distanze dal nostro io presuntuoso. Pensiamo: “Io sono presuntuoso? Mi credo migliore degli altri? Guardo qualcuno un po’ con disprezzo? “Ti ringrazio, Signore, perché tu mi hai salvato e non sono come questa gente che non capisce nulla, io vado in chiesa, io vado a Messa; io sono sposato, sposata in chiesa, questi sono dei divorziati peccatori…”: il tuo cuore è così? Andrai all’inferno. Per avvicinarsi a Dio, bisogna dire al Signore: “Io sono il primo dei peccatori, e se non sono caduto nella sporcizia più grande è perché la tua misericordia mi ha preso per mano. Grazie a Te, Signore, io sono vivo, grazie a Te, Signore, io non mi sono distrutto con il peccato”».

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