Facciamo risuscitare Gesù dai sepolcri in cui lo abbiamo rinchiuso

L’omelia della Veglia pasquale e la benedizione Urbi et orbi nella Domenica di Pasqua di Papa Francesco.

Dopo aver presieduto la celebrazione della Passione del Signore e la Via crucis nel Venerdì santo al Colosseo, nella Notte santa Papa Francesco ha pronunciato l’omelia della Veglia pasquale, liturgia celebrata dal cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio. Le sue parole hanno subito evocato le notti di guerra, dove il cielo è solcato da scie luminose di morte invece che rischiarato dalle stelle. Per un mondo in cui le tenebre sono vinte dalla luce di Dio, serve lasciarci prendere per mano dalle donne del Vangelo, che all’alba scoprono la tomba vuota, odono due figure in vesti sfolgoranti dire che Gesù è risorto e corrono a rivelare la notizia ai discepoli. Esse, dunque, vedono, ascoltano, annunciano: tre azioni che ci aiutano a entrare nella Pasqua del Signore.

Le donne vedono, ovvero contemplano un segno sorprendente che non è facile da comprendere; anzi, genera domande e dubbi. Nella vita quotidiana, questo può fare paura e rendere immobili, ma alla rassegnazione dobbiamo sostituire la speranza e la gioia che renderanno piena la nostra esistenza. Poi, le donne ascoltano e comprendono che, dopo aver pensato di aver capito Gesù, Lui «Non è qui, è risorto». Ogni volta che pretendiamo di aver compreso tutto di Dio, di poterlo incasellare nei nostri schemi o cercare solo nel momento del nostro bisogno, dobbiamo ripetere con il coraggio di cambiare e riscoprirLo: non è qui! Infine, le donne annunciano la gioia della Risurrezione, in un impeto missionario che va oltre l’estasi del godimento personale. Come loro, che non si preoccupano di essere giudicate dicendo “Il Signore è risorto”, la Chiesa deve andare per le strade del mondo senza tatticismi e opportunismi.

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Nella Domenica di Pasqua, Papa Francesco ha presieduto la celebrazione della Resurrezione del Signore e, subito dopo, impartito la benedizione Urbi et orbi. In quest’ultima, ha accostato l’incredulità dei discepoli davanti a Gesù risorto, che con le piaghe nelle mani, nei piedi e nel costato gli ha detto «Pace a voi!» (Gv 20,19), a quella nostra davanti ai drammi della guerra in Ucraina che ci sta riempiendo di paura e angoscia. In entrambi i casi facciamo fatica a crederci, ma sono reali. Oggi più che mai, dunque, deve risuonare l’annuncio pasquale, perché abbiamo bisogno di Lui al termine di una Quaresima venuta dopo due anni di pandemia. Purtroppo stiamo dimostrando che in noi non c’è ancora lo spirito di Gesù, c’è quello di Caino, che guarda Abele non come un fratello, ma come un rivale da eliminare. Abbiamo ancora bisogno di Cristo risorto per credere nella vittoria dell’amore.

Il pontefice ha poi ricordato le troppe sofferenze che ci sono ancora nel mondo: l’insensata guerra in Ucraina, alla quale chiede di non abituarsi impegnandoci a invocare sempre la pace; le divisioni e i conflitti in Medio Oriente come quelli tra israeliani e palestinesi e in Yemen, Libano, Siria, Iraq; i drammatici scenari di odio e violenza in Myanmar e Afghanistan; il terrorismo nel Sahel, la grave crisi umanitaria in Etiopia e le violenze nella Repubblica Democratica del Congo; le violenze e la criminalità nell’America Latina. In conclusione, il Papa ha esortato a non arrendersi al male e lasciarsi vincere dalla pace di Cristo.

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