L’omelia di Papa Francesco durante la messa celebrata in occasione della visita pastorale ad Albano.
L’omelia di Papa Francesco durante la messa celebrata in occasione della visita pastorale ad Albano.
“Zaccheo non cercava solo di vedere Gesù, ma di vedere chi era Gesù: cioè di capire che tipo di maestro fosse, quale fosse il suo tratto distintivo. E lo scopre non quando guarda Gesù, ma quando viene guardato da Gesù. Perché mentre Zaccheo cerca di vederlo, Gesù lo vede per primo; prima che Zaccheo parli, Gesù gli parla; prima di invitare Gesù, Gesù viene a casa sua. Ecco chi è Gesù: colui che ci vede per primo, colui che ci ama per primo, colui che ci accoglie per primo. […] Se come Zaccheo stai cercando un senso alla vita ma, non trovandolo, ti stai buttando via con dei surrogati di amore, come le ricchezze, la carriera, il piacere, qualche dipendenza, lasciati guardare da Gesù.”
Nell’omelia durante la messa di sabato, celebrata in occasione della visita pastorale ad Albano, Papa Francesco si sofferma sulla figura di Zaccheo, il ricco capo dei pubblicani, cioè di quei giudei odiati dal popolo perché riscuotevano i tributi per l’impero romano. Il suo nome, che significa «Dio si ricorda», vuole ribadire che il Signore non si dimentica mai di noi, nonostante gli ostacoli che possono tenerci lontani da Lui.
Zaccheo di ostacoli morali ne aveva creati molti e per questo cerca di vedere Gesù nascosto tra i rami dell’albero, probabilmente sperando di non essere visto. Ma Gesù, come non si era fatto problemi a entrare a Gerico, la città distrutta ai tempi di Giosuè che, secondo la Bibbia, avrebbe dovuto essere la città dimenticata, non si ferma davanti alla vergogna, alla paura, alla solitudine di Zaccheo e lo vede prima di essere visto.
“Gesù lo vede prima perché egli era salito su un sicomoro. È un gesto che ha richiesto coraggio, slancio, fantasia: non si vedono molti adulti salire sugli alberi; questo lo fanno i bambini […]. Zaccheo ha superato la vergogna e in un certo senso è tornato bambino. È importante per noi ritornare semplici, aperti. Per custodire il prima di Dio, cioè la sua misericordia, non bisogna essere cristiani complicati, che elaborano mille teorie e si disperdono a cercare risposte nella rete, ma dobbiamo essere come i bambini. Essi hanno bisogno dei genitori e degli amici: anche noi abbiamo bisogno di Dio e degli altri. Non bastiamo a noi stessi, abbiamo bisogno di smascherare la nostra autosufficienza, di superare le nostre chiusure, di ritornare piccoli dentro, semplici ed entusiasti, pieni di slancio verso Dio e di amore verso il prossimo.”
Per Papa Francesco, tutto quello che facciamo deve partire dallo sguardo di misericordia di Gesù, che anticipa e non si dimentica dell’essenziale. Solo così si riesce a far sentire non estranee, ma amate le persone. Come quando Gesù si invita a casa di Zaccheo, escluso e odiato nella sua città, ma amato da Gesù. Grazie a questo atto di misericordia, il pubblicano riscopre la gente vicina e ripara alle tante ruberie commesse. Sentendosi a casa, apre la porta al prossimo.
“Come sarebbe bello se i nostri vicini e conoscenti sentissero la Chiesa come casa loro! Succede, purtroppo, che le nostre comunità diventino estranee a tanti e poco attraenti. A volte subiamo anche noi la tentazione di creare circoli chiusi, luoghi intimi tra gli eletti. […] Ma ci sono tanti fratelli e sorelle che hanno nostalgia di casa, che non hanno il coraggio di avvicinarsi, magari perché non si sono sentiti accolti […]. Fratelli e sorelle, sia la Chiesa il luogo dove non si guardano mai gli altri dall’alto in basso ma, come Gesù con Zaccheo, dal basso verso l’alto. Ricordate che l’unico momento nel quale è lecito guardare una persona dall’alto in basso è per aiutarla a rialzarsi, altrimenti non è lecito. […] Guardiamo la gente mai da giudici, sempre da fratelli. Non siamo ispettori delle vite altrui, ma promotori del bene di tutti.”
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