Omelia di Papa Francesco alla messa e canonizzazione di 14 beati.
Omelia di Papa Francesco alla messa e canonizzazione di 14 beati.
«Gesù pone domande e, proprio così, ci aiuta a fare discernimento, perché le domande ci fanno scoprire ciò che è dentro di noi, illuminano quello che portiamo nel cuore e che a volte noi non sappiamo. Lasciamoci interrogare dalla Parola del Signore». È con questa esortazione che Papa Francesco si è rivolto ai fedeli presenti alla messa di ieri, durante la quale c’è stata la canonizzazione dei beati Manuel Ruiz López e i suoi sette compagni e Francesco, Mooti e Raffaele Massabki, Giuseppe Allamano, Marie-Léonie Paradis ed Elena Guerra.
Il riferimento è ai quesiti rivolti da Cristo a Giacomo e Giovanni, «Cosa volete che io faccia per voi?» (Mc 10,36) e «Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?» (Mc 10,38), posti per fare emergere il legame e le attese che i discepoli hanno verso di Lui, visto inizialmente secondo le logiche del potere come un Messia vittorioso che possa condividere la sua gloria con loro. La prima domanda, prosegue il pontefice nella sua omelia, intende svelare i pensieri del cuore e mettere in luce le attese nascoste e i sogni di gloria, ovvero i desideri di onore e potere. Con la seconda, Gesù smentisce l’immagine di un Messia potente e ribalta l’idea dei discepoli, convertendoli: il calice offerto è quello della Sua vita, donata a noi fino alla morte dimostrando che «vince non chi domina, ma chi serve per amore».
«Gesù svela pensieri, svela desideri e proiezioni del nostro cuore, smascherando talvolta le nostre attese di gloria, di dominio, di potere, di vanità. Egli ci aiuta a pensare non più secondo i criteri del mondo, ma secondo lo stile di Dio, che si fa ultimo perché gli ultimi vengano rialzati e diventino i primi. E queste domande di Gesù, con il suo insegnamento sul servizio, spesso sono incomprensibili, incomprensibili per noi come lo erano per i discepoli. Ma seguendo Lui, camminando alla Sua sequela e accogliendo il dono del Suo amore che trasforma il nostro modo di pensare, possiamo anche noi imparare lo stile di Dio: […] il servizio».
Ogni fedele, conclude il Papa, deve anelare non al potere, ma al servizio, il vero stile di vita cristiano. Questo non significa avere un elenco di cose da fare, che una volta eseguite non ci è richiesto più nulla. Chi serve con amore non fa calcoli, non si limita a produrre risultati, ma si dona senza confini con un cuore che si rinnova di continuo. Imparare a servire in questo modo vuol dire essere un riflesso dell’amore di Dio, ovvero una persona che continua l’opera di Gesù nel mondo.
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