Omelia di Papa Francesco nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
Omelia di Papa Francesco nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo.
«Da queste terre mio padre è partito per emigrare in Argentina; e in queste terre, rese preziose da buoni prodotti del suolo e soprattutto dalla genuina laboriosità della gente, sono venuto a ritrovare il sapore delle radici. Ma oggi è ancora una volta il Vangelo a riportarci alle radici della fede. Esse si trovano nell’arido terreno del Calvario, dove il seme di Gesù, morendo, ha fatto germogliare la speranza: piantato nel cuore della terra ci ha aperto la via al Cielo; con la sua morte ci ha dato la vita eterna; attraverso il legno della croce ci ha portato i frutti della salvezza».
Con questo collegamento tra le radici familiari e le radici della fede, Papa Francesco ha introdotto la sua riflessione per la messa celebrata ieri nella cattedrale di Asti, dove è arrivato sabato in occasione del novantesimo compleanno di una sua cugina. Nell’omelia, pronunciata nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo e nel giorno della trentasettesima Giornata Mondiale della Gioventù, ha chiesto di guardare al Crocifisso, dove appare una sola frase: «Costui è il re dei Giudei» (Lc 23,38). Però, osservando Gesù, l’idea di re che abbiamo in testa viene ribaltata, perché Lui non è seduto su un comodo trono, ma appeso a un patibolo. Dio, che «rovescia i potenti dai troni» (Lc 1,52), opera come servo messo in croce dai potenti e, spogliato di tutto ma ricco di amore, non punta il dito contro nessuno, ma apre le braccia a tutti. Entrando nel suo abbraccio, possiamo capire che Egli si è spinto fino al paradosso della crocifissione per contenere tutto di noi, fino a quanto di più distante c’è da Lui: la morte. Il pontefice ha poi continuato:
«Dopo averlo guardato, che cosa possiamo fare? Il Vangelo oggi ci pone davanti a due strade. Di fronte a Gesù c’è chi fa da spettatore e chi si coinvolge. Gli spettatori sono molti, la maggioranza. Guardano, è uno spettacolo veder morire uno in croce. Infatti – dice il testo – “il popolo stava a vedere” (v. 35). Non era gente cattiva, tanti erano credenti, ma alla vista del Crocifisso restano spettatori: non fanno un passo in avanti verso Gesù, ma lo guardano da lontano, curiosi e indifferenti, senza interessarsi davvero, senza chiedersi che cosa poter fare».
Chi condivide la frase riportata tre volte nel testo “Se sei re, salva te stesso” pensa esattamente il contrario a quello che intende Gesù, che non pensa a salvare sé stesso, ma anche coloro che lo sbeffeggiano. Quest’onda malvagia, purtroppo, è contagiosa e porta all’indifferenza. Così, non si entra in sintonia con Lui e si crea una distanza con chi ha bisogno, come i poveri e i malati. Ai cristiani il Papa chiede: “Quando tu dai l’elemosina ai poveri, li guardi negli occhi? […] Sei capace di toccare una miseria umana?”. Però, c’è anche l’onda benefica del bene. Tra tanti spettatori, uno si coinvolge: il “buon ladrone” chiama per nome Cristo, confessa i suoi sbagli e prega dicendo «Gesù, ricordati di me» (v. 42). Così un malfattore diventa il primo santo, mettendo in pratica con Lui quella confidenza che porta alla salvezza. Il nostro Re dalla croce ci guarda a braccia aperte. Sta a noi scegliere se essere spettatori o coinvolti.
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