Le parole di Papa Francesco nel viaggio apostolico nel Regno del Bahrein.
Le parole di Papa Francesco nel viaggio apostolico nel Regno del Bahrein.
Giovedì è iniziato il viaggio apostolico di Papa Francesco nel Regno del Bahrein, dove ad Awali ha incontrato presso il Sakhir Royal Palace prima il re Hamad bin Isa Al Khalifa, poi anche le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. Per il suo discorso, il pontefice si è ispirato all’Albero della vita, emblema di vitalità che caratterizza il Paese: un’acacia secolare che sopravvive in un’area desertica, le cui radici si estendono per decine di metri sotto il suolo attingendo a depositi d’acqua sotterranei. Queste radici affondano in una terra storicamente luogo di incontro tra popolazioni diverse e si sono fatte strada per trovare una fonte idrica, elemento vitale come nella società lo è la varietà etnica e culturale. Non si può permettere che l’aridità del deserto secchi le radici e faccia evaporare l’acqua e, allo stesso modo, che l’aridità umana impedisca l’incontro tra civiltà, religioni e culture.
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Nella mattinata di ieri il Papa ha partecipato alla chiusura del “Bahrain forum for dialogue: east and west for human coexistence”, dove ha sottolineato come non si possa uscire da una situazione mondiale pieno di conflitti se si persiste nell’imposizione dei propri modelli e delle proprie visioni dispotiche, imperialiste, nazionaliste e populiste e se non ci si sforza di capirsi e di collaborare per il bene di tutti. Per lui ci sono tre sfide, nelle quali i leader delle religioni non possono non impegnarsi e dare il buon esempio: l’orazione, che tocca il cuore dell’uomo e deve purificare dall’egoismo, dalla chiusura, dall’autoreferenzialità, dalle falsità e dall’ingiustizia, avendo come premessa la libertà religiosa; l’educazione, che deve essere dinamica e relazionale e svilupparsi riconoscendo la donna, tutelando i diritti dei bambini e formando alla cittadinanza; l’azione, che implica dire “no” alla bestemmia della guerra e all’uso della violenza nella pratica e non solo a parole.
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Nel pomeriggio, dopo l’incontro privato con il Grande imam di Al-Azhar Ahmed Al-Tayeb, Papa Francesco si è riunito con i membri del Muslim council of elders presso la moschea del Sakhir Royal Palace, ai quali ha detto: «Credo che abbiamo sempre più bisogno di incontrarci, di conoscerci e di prenderci a cuore, di mettere la realtà davanti alle idee e le persone prima delle opinioni, l’apertura al Cielo prima delle distanze in Terra: un futuro di fraternità davanti a un passato di ostilità, superando i pregiudizi e le incomprensioni della storia in nome di Colui che è Fonte di Pace. D’altronde, come potranno i fedeli di religioni e culture diverse convivere, accogliersi e stimarsi a vicenda se noi restiamo estranei gli uni agli altri? Lasciamoci guidare dal detto dell’Imam Ali: “Le persone sono di due tipi: o tuoi fratelli nella fede o tuoi simili nell’umanità”, e sentiamoci chiamati ad avere cura di tutti coloro che il disegno divino ci ha posto accanto nel mondo». Questi compiti spettano alle guide religiose, che devono realizzarli essenzialmente attraverso due mezzi: la preghiera e la fraternità.
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Infine, il venerdì del Papa si è chiuso con l’incontro ecumenico e la preghiera per la pace presso la cattedrale di Nostra Signora d’Arabia. Nel suo discorso ai presenti, incentrato sul significato della Pentecoste, egli ha individuato due elementi utili a un cammino di comunione: l’unità nella diversità, resa possibile dalla lode di Dio che lo Spirito suscita in tutti, e nella differenza, che non ci rinchiude nell’uniformità e apre all’accoglienza; la testimonianza di vita, perché la fede va mostrata coi fatti e resa un dono da condividere. Infatti, «lo Spirito Santo quel giorno crea una grande diversità, che sembra un grande disordine. Ma lo stesso Spirito che dà la diversità dei carismi è lo stesso che crea l’unità, ma l’unità come armonia».
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