Chiedo perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene

Le parole di Papa Francesco nel secondo giorno del viaggio apostolico in Canada.

Domenica Papa Francesco è partito per il viaggio apostolico in Canada, inteso come un pellegrinaggio penitenziale con l’obiettivo di incontrare le comunità indigene e chiedere loro perdono per il male commesso dalla Chiesa. La prima parte si è svolta a Edmonton e dintorni. Lunedì, a Maskwacis, il Papa ha incontrato i rappresentanti delle popolazioni indigene First Nations, Métis e Inuit e nel discorso ha subito parlato della vergogna e della richiesta di guarigione e riconciliazione per le sofferenze patite in passato dai loro bambini, strappati dalle loro case per essere rieducati nelle scuole residenziali, dove troppi incontrarono la morte e le culture tradizionali furono denigrate e soppresse. Questo viaggio ha permesso di fare memoria di tutto ciò:

«Io vi ringrazio per avermi fatto entrare nel cuore tutto questo, per aver tirato fuori i pesanti fardelli che portate dentro, per aver condiviso con me questa memoria sanguinante. Oggi sono qui, in questa terra che, insieme a una memoria antica, custodisce le cicatrici di ferite ancora aperte. Sono qui perché il primo passo di questo pellegrinaggio penitenziale in mezzo a voi è quello di rinnovarvi la richiesta di perdono e di dirvi, di tutto cuore, che sono profondamente addolorato: chiedo perdono per i modi in cui, purtroppo, molti cristiani hanno sostenuto la mentalità colonizzatrice delle potenze che hanno oppresso i popoli indigeni. Sono addolorato. Chiedo perdono, in particolare, per i modi in cui molti membri della Chiesa e delle comunità religiose hanno cooperato, anche attraverso l’indifferenza, a quei progetti di distruzione culturale e assimilazione forzata dei governi dell’epoca, culminati nel sistema delle scuole residenziali».

Clicca qui per leggere il testo completo del discorso

Il perdono, ha detto il pontefice, è un punto di partenza verso la guarigione dai traumi subiti e il rispetto delle identità locali. Questo discorso è continuato nel pomeriggio nella chiesa del Sacro Cuore a Edmonton, dove indigeni e membri della comunità parrocchiale si sono riuniti in una casa che deve essere aperta e inclusiva, proprio come la Chiesa dev’essere: una famiglia di figli di Dio dove l’ospitalità e l’accoglienza sono essenziali. Anche l’educazione deve partire dal rispetto, non imponendo qualcosa di preconfezionato ma promuovendo i talenti delle persone. Papa Francesco si è poi soffermato sul concetto di riconciliazione.

«Fratelli, sorelle, che cosa vuol dire questo per chi porta dentro ferite tanto dolorose? Immagino la fatica, in chi ha sofferto tremendamente a causa di uomini e donne che dovevano dare testimonianza di vita cristiana, a vedere qualsiasi prospettiva di riconciliazione. Nulla può cancellare la dignità violata, il male subìto, la fiducia tradita. E nemmeno la vergogna di noi credenti deve mai cancellarsi. Ma occorre ripartire e Gesù non ci propone parole e buoni propositi, ma ci propone la croce, quell’amore scandaloso che si lascia infilzare i piedi e i polsi dai chiodi e trafiggere la testa di spine. Ecco la direzione da seguire: guardare insieme Cristo, l’amore tradito e crocifisso per noi; guardare Gesù, crocifisso in tanti alunni delle scuole residenziali. […] Perché è proprio sull’albero della croce che il dolore si trasforma in amore, la morte in vita, la delusione in speranza, l’abbandono in comunione, la distanza in unità».

Clicca qui per leggere il testo completo del discorso