Le parole di Papa Francesco nel quarto e quinto giorno del viaggio apostolico in Canada.
Le parole di Papa Francesco nel quarto e quinto giorno del viaggio apostolico in Canada.
Continuando il suo viaggio apostolico in Canada, mercoledì Papa Francesco si è spostato a Québec, dove ha incontrato il primo ministro, il governatore generale, le autorità civili, il corpo diplomatico e i rappresentanti delle popolazioni indigene. Il suo discorso è partito dalla foglia d’acero, simbolo del Paese. Questa pianta, molto diffusa in queste terre, custodisce la memoria di molte generazioni passate, ben prima che i coloni giungessero sul suolo canadese. I nativi vi estraevano la linfa con cui realizzavano sciroppi, in una relazione armoniosa con l’ambiente. La loro capacità di essere in simbiosi con la natura è quello di cui la società frenetica di oggi ha bisogno per uno sviluppo realmente umano, sostenibile e integrale.
Tuttavia, questi insegnamenti vitali sono stati violentemente avversati in passato, come ad esempio attraverso il sistema scolastico residenziale che ha danneggiato molte famiglie indigene tenendone separati i figli e minandone la lingua, la cultura e la visione del mondo. Per questa politica di assimilazione, promossa dalle autorità governative dell’epoca e implementata da diverse istituzioni cattoliche, il Papa ha espresso vergogna e dolore e, insieme ai vescovi di questa nazione, ha rinnovato la richiesta di perdono per il male commesso. La volontà della Chiesa è quella di promuovere le culture locali tramite cammini spirituali appositi e attenzione alle tradizioni e usanze, con l’obiettivo di portare avanti comunità umane non omologatrici ma realmente aperte e inclusive.
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Il giorno successivo, il pontefice ha celebrato la messa per la riconciliazione presso il santuario nazionale di Sainte Anne de Beaupré. Nell’omelia, egli ha commentato il viaggio dei discepoli di Emmaus, un cammino che, andando dal fallimento alla speranza, può essere paragonato a quello personale e a quello della Chiesa. Infatti, prima essi hanno provato la delusione con la morte di Gesù e la fine del loro sogno in cui avevano riversato i loro desideri. Tornano a casa tristi e amareggiati, come quando noi siamo costretti a ridimensionare le nostre attese e a fare i conti con le ambiguità della realtà e le nostre fragilità. Ma, su questa mesta via su cui si sta fuggendo per non affrontare la sconfitta, ci viene in soccorso un aiuto, come Cristo che riappare alla tavola dei discepoli.
«Il Vangelo ci rivela, invece, che proprio nelle situazioni di delusione e di dolore, proprio quando sperimentiamo attoniti la violenza del male e la vergogna della colpa, quando il fiume della nostra vita si inaridisce nel peccato e nel fallimento, quando spogliati di tutto ci sembra di non avere più nulla, proprio lì il Signore ci viene incontro e cammina con noi. Sulla strada verso Emmaus, Egli si affianca con discrezione per accompagnare e condividere i passi rassegnati di quei discepoli tristi. E che cosa fa? Non offre generiche parole di incoraggiamento, espressioni di circostanza o facili consolazioni ma, svelando nelle sante Scritture il mistero della sua morte e risurrezione, illumina la loro storia e gli eventi che hanno vissuto. Così apre i loro occhi a un nuovo sguardo sulle cose».
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Nel pomeriggio, Papa Francesco ha partecipato ai vespri con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali nella cattedrale di Notre Dame, sempre a Québec. Nell’omelia ha ricordato ai pastori della Chiesa di guidare il proprio gregge con dedizione e tenerezza, non lasciando che si smarrisca mentre ci si occupa dei propri affari e facendolo con entusiasmo sapendo che Dio è vicino. Da qui nasce la gioia del ministero. Al giorno d’oggi, bisogna stare attenti a non restare prigionieri del pessimismo e del risentimento, scegliendo lo sguardo giusto nei confronti del mondo in cui viviamo. Uno sguardo negativo emerge quando si sente la fede attaccata dal mondo, quando ci si riveste con uno «spirito da crociata». Ma questo non è cristiano e ci allontana dalla bontà di Dio. Invece, occorre uno sguardo che discerne, che come il Signore sappia distinguere il bene e sia ostinato nel cercarlo.
Per donare alle persone la gioia della fede, occorre annunciare il Vangelo non solo a parole, ma anche attraverso una testimonianza personale ed ecclesiale traboccante di amore gratuito, come fa Dio con noi. Il Papa propone quindi tre sfide. La prima è far conoscere Gesù nei deserti spirituali del nostro tempo, generati dal secolarismo e dall’indifferenza, ritornando al primo annuncio. Occorre quindi trovare vie nuove e creative per arrivare dove gli uomini e le donne vivono. La seconda è la testimonianza, perché per annunciare il Vangelo in modo efficace bisogna essere credibili. Quindi che sia la vita a parlare, a rivelare quella misericordia che non chiede nulla in cambio. Infine, la terza sfida è la fraternità, perché la Chiesa sarà credibile testimone del Vangelo quanto più i suoi membri vivranno la comunione sapendo accogliere, ascoltare, dialogare, volersi bene come fratelli e sorelle.
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