Le parole di Papa Francesco nel sesto giorno del viaggio apostolico in Canada.
Le parole di Papa Francesco nel sesto giorno del viaggio apostolico in Canada.
Venerdì, nell’ultimo giorno del viaggio apostolico in Canada, a Québec Papa Francesco ha incontrato prima i membri della Compagnia di Gesù privatamente, poi una delegazione di indigeni. Ha detto che sarebbe tornato a casa più arricchito dalle persone e dai luoghi incontrati, perché le realtà indigene gli sono entrate dentro per accompagnarlo per sempre. Nelle sue parole sono riassunti i motivi di questa visita:
«Sono venuto in Canada come amico per incontrarvi, per vedere, ascoltare, imparare, apprezzare come vivono le popolazioni indigene di questo Paese. Non sono venuto come turista, sono venuto come fratello, a scoprire in prima persona i frutti buoni e cattivi prodotti dai membri della famiglia cattolica locale nel corso degli anni. Sono venuto in spirito penitenziale, per esprimervi il dolore che portiamo nel cuore come Chiesa per il male che non pochi cattolici vi hanno arrecato appoggiando politiche oppressive e ingiuste nei vostri riguardi. Sono venuto come pellegrino, con le mie limitate possibilità fisiche, per muovere ulteriori passi in avanti con voi e per voi: perché si prosegua nella ricerca della verità, perché si progredisca nel promuovere percorsi di guarigione e di riconciliazione, perché si vada avanti a seminare speranza per le future generazioni di indigeni e di non indigeni, che desiderano vivere insieme fraternamente, in armonia».
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Nel pomeriggio il Papa si è spostato a Iqaluit, nel nord del Paese, dove, dopo aver visitato privatamente alcuni alunni delle ex scuole residenziali, ha avuto un incontro con i giovani e gli anziani. Qui ha raccontato la testimonianza dolorosa e scandalosa di un anziano: prima dell’avvento del sistema delle scuole residenziali (anche cattoliche), nelle famiglie indigene nonni, genitori e figli stavano armoniosamente insieme, come quando in primavera gli uccellini cantano felici attorno alla mamma. Ma, all’improvviso, il canto si è fermato e i piccoli sono stati portati negli istituti scolastici, facendo calare l’inverno. Quanto male nello spezzare i legami tra genitori e figli, nel ferire gli affetti più cari, nel danneggiare e scandalizzare i piccoli! Per questo il Papa ha voluto compiere questo viaggio di guarigione e riconciliazione. Si è rivolto dunque ai giovani inuit, presente e futuro di queste terre.
Ha detto loro che non basta vivere di rendita, occorre riconquistare quanto si è ricevuto in dono, ascoltando i consigli dei più anziani e allo stesso tempo mettendosi in gioco in prima persona. Il pontefice ha quindi offerto tre consigli. Il primo è: cammina verso l’alto. Come la rondine dell’artico non lascia che i venti contrari le impediscano di volare dove vuole, occorre librarsi verso i desideri più veri e belli che stanno nel cuore anche se c’è chi proverà ad azzerare i sogni. La risposta alle difficoltà sta nell’amare il mondo che abiti come Dio ama ogni cosa. Il secondo è: vieni alla luce. Quotidianamente si è chiamati a portare nel mondo il bene unico dentro ognuno di noi, affrontando con coraggio l’oscurità interiore. Per imparare a farlo, serve apprendere un’arte continua che ci faccia separare la luce dalle tenebre, le effimere e seducenti scie luccicanti dalla vera e luminosa pace del cuore. Infine, il terzo consiglio è: fai squadra. I giovani possono fare grandi cose insieme, perché per raggiungere obiettivi superiori non si può andare avanti da soli.
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