Le parole di Papa Francesco nel primo giorno del viaggio apostolico in Grecia.
Le parole di Papa Francesco nel primo giorno del viaggio apostolico in Grecia.
Sabato Papa Francesco ha lasciato Cipro per iniziare il suo viaggio apostolico in Grecia. In tarda mattinata si è recato al palazzo presidenziale ad Atene, dove ha incontrato la presidente della Repubblica, il primo ministro e, successivamente, le autorità, la società civile e il corpo diplomatico. Nel suo discorso pubblico, ha parlato di Atene come luogo dove, siccome si alzano gli occhi per ammirare la sua Acropoli, guardare verso l’Alto, come centro del Mediterraneo dove spingere lo sguardo verso l’altro, come polis dove Socrate ha parlato di cittadinanza non solo della propria patria, ma del mondo intero. Ma oggi, in Europa e non solo si registra un arretramento della democrazia, che dovrebbe contemplare tutto ciò e promuovere il bene comune passando dal parteggiare al partecipare.
«Questo Paese, improntato all’accoglienza, ha visto in alcune sue isole approdare un numero di fratelli e sorelle migranti superiore agli abitanti stessi, accrescendo così i disagi, che ancora risentono delle fatiche della crisi economica. Ma anche il temporeggiare europeo perdura: la Comunità europea, lacerata da egoismi nazionalistici, anziché essere traino di solidarietà, alcune volte appare bloccata e scoordinata. […] Vorrei esortare nuovamente a una visione d’insieme, comunitaria, di fronte alla questione migratoria, e incoraggiare a rivolgere attenzione ai più bisognosi perché, secondo le possibilità di ciascun Paese, siano accolti, protetti, promossi e integrati nel pieno rispetto dei loro diritti umani e della loro dignità.»
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Nel pomeriggio, il pontefice ha reso visita all’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Ieronymos II presso l’arcivescovado ortodosso e il suo discorso si è centrato sull’olio, che nell’antichità ha fornito la luce come lo Spirito Santo fa per la Chiesa. Infatti, lo Spirito è olio di comunione, che permette di riconoscere il valore che risplende in ogni persona e promuovere la concordia del Vangelo; olio di sapienza, che ispira i cristiani a conoscere Dio e aprirsi agli altri; olio di consolazione, che cura le ferite e spinge a prenderci cura dei più deboli e dei più poveri. Aprirsi allo Spirito del Crocifisso Risorto serve per donarci uno sguardo di verità vivificato dalla misericordia divina, che non ci lascia paralizzati dalle negatività e dai pregiudizi ma ci fa guardare la realtà con occhi nuovi.
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Infine, prima di incontrare privatamente i membri della Compagnia di Gesù, Papa Francesco si è riunito presso la cattedrale di San Dionigi con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i catechisti, ai quali ha ricordato che l’incontro tra il cristianesimo delle origini e la cultura greca è stato inaugurato dall’apostolo Paolo proprio ad Atene. Qui, mentre predicava, egli ha dimostrato due atteggiamenti utili alla nostra attuale elaborazione della fede. Il primo è la fiducia, perché mentre parlava nelle piazze alcuni filosofi lo chiamavano ciarlatano. Per questo fu portato all’Areopago, il consiglio degli anziani della città, dove, anche se in minoranza, non ha rinunciato alla missione preferendo l’inquietudine delle situazioni inattese all’abitudine e alla ripetizione. Il suo coraggio, nato dalla fiducia in Dio, è quello che la Chiesa deve avere sempre, anche in contesti non favorevoli. Essere minoritari non vuol dire essere insignificanti, ma percorrere la via aperta dal Signore, che è quella della piccolezza.
Il secondo atteggiamento è l’accoglienza, la disposizione interiore necessaria per l’evangelizzazione: non bisogna occupare lo spazio e la vita dell’altro, ma seminare la buona notizia nella sua esistenza, imparando anzitutto a riconoscere ed accettare i semi che Dio ha già posto nel suo cuore prima del nostro arrivo. Evangelizzare, infatti, non è riempire un contenitore vuoto, ma portare alla luce quello che il Signore ha già iniziato a compiere. Ed è questo che Paolo fa davanti agli ateniesi: non dice loro che stanno sbagliando, ma inizia accogliendo il loro spirito religioso. Anche a noi, oggi, è richiesto l’atteggiamento dell’accoglienza, un cuore animato dal desiderio di creare una comunione tra le differenze umane, culturali o religiose e di elaborare la passione per l’insieme che conduca tutti – cattolici, ortodossi, fratelli e sorelle di altri credo, anche fratelli agnostici – a coltivare la “mistica” della fraternità.
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