Quando i poveri e i migranti vengono respinti si respinge la pace

Le parole di Papa Francesco nel secondo e terzo giorno del viaggio apostolico in Grecia.

Ieri Papa Francesco ha continuato il suo viaggio apostolico in Grecia spostandosi sull’isola di Lesbo e visitando i rifugiati presso il Reception and identification centre a Mytilene. Dopo il viaggio su quest’isola fatto cinque anni fa, però, egli ha visto che poco è cambiato e che, a parte chi si impegna personalmente nell’accoglienza, in Europa c’è chi tragicamente persiste nel trattare la questione delle migrazioni come un affare che non lo riguarda. Ma questa è una crisi umanitaria che riguarda tutti e va affrontata insieme, perché quando i poveri vengono respinti si allontana la pace e quando prevalgono i nazionalismi ci sono conseguenze disastrose, come la storia dovrebbe aver insegnato.

«È facile trascinare l’opinione pubblica istillando la paura dell’altro; perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio? Perché non si parla di questo? Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica! Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate. […] Fratelli e sorelle, vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!»

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Nel pomeriggio il pontefice è tornato ad Atene, dove ha celebrato la messa della seconda domenica di Avvento nella Megaron concert hall. Nell’omelia, si è soffermato su due aspetti con cui il Vangelo presenta Giovanni Battista: il luogo dove si trova, il deserto, e il contenuto del suo messaggio, la conversione. Nel deserto, luogo povero, la Parola di Dio scende sorprendentemente su un uomo sconosciuto e solitario, perché essere importanti e colti non è una garanzia per piacere a Lui. Giovanni, poi, predica la venuta di Cristo in questo posto inospitale, dove dominano tristezza e solitudine: l’analogia è con la vita di ognuno di noi. Il Battista, poi, chiede senza sosta la conversione, atto difficile da compiere da soli, nonostante la buona volontà.

«Esortandoci alla conversione, Giovanni ci invita ad andare oltre e a non fermarci qui; ad andare al di là di quello che i nostri istinti ci dicono e i nostri pensieri fotografano, perché la realtà è più grande: è più grande dei nostri istinti, dei nostri pensieri. La realtà è che Dio è più grande. Convertirsi, allora, significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, a chi ripete che nella vita non cambierà mai nulla – i pessimisti di sempre. È rifiutare di credere che siamo destinati ad affondare nelle sabbie mobili della mediocrità. […] Non è così, perché c’è Dio. Bisogna fidarsi di Lui, perché è Lui il nostro oltre, la nostra forza. Tutto cambia se si lascia a Lui il primo posto. Ecco la conversione: al Signore basta la nostra porta aperta per entrare e fare meraviglie, come gli sono bastati un deserto e le parole di Giovanni per venire nel mondo.»

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Questa mattina, prima di tornare a Roma, il Papa ha incontrato i giovani presso la scuola San Dionigi delle suore orsoline a Maroussi. In merito a una testimonianza di una ragazza sui suoi dubbi di fede, ha detto che non c’è da averne paura, perché aiutano a irrobustirla nel cammino quotidiano con Gesù. Le incomprensioni si possono superare con lo stupore, sempre presente nell’incontro con Dio. E quando ci si sente delusi per ciò che si è fatto, non bisogna mai dimenticarsi che il Signore perdona sempre. Poi, Papa Francesco ha detto ai giovani di vedere la vita come un servizio, non accontentandosi di pubblicare qualcosa sui social network ma uscendo da sé stesso per incontrare l’altro. Con coraggio, ha esortato, sognate la fraternità.

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