Le parole di Papa Francesco nel terzo giorno del viaggio apostolico in Kazakhstan.
Le parole di Papa Francesco nel terzo giorno del viaggio apostolico in Kazakhstan.
L’ultimo giorno della visita apostolica in Kazakhstan di Papa Francesco è iniziato con due incontri, uno privato con i membri della Compagnia di Gesù presso la Nunziatura apostolica e uno con vescovi, sacerdoti, diaconi, consacrati e consacrate, seminaristi e operatori pastorali nella cattedrale Madre di Dio del Perpetuo Soccorso, sempre nella capitale Nur-Sultan. Nel discorso di ieri a questi ultimi, il pontefice, riferendosi al fatto che la maggior parte dei membri della Chiesa locale è straniera, ha detto che la bellezza della Chiesa è proprio essere un’unica famiglia nella quale nessuno è straniero, un solo Popolo santo di Dio arricchito da tanti popoli. San Paolo ha affermato che tutte le genti «sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo» (Ef 3,6). Il Papa ha sottolineato due parole chiave: eredità e promessa.
«Da una parte, una Chiesa eredita sempre una storia, è sempre figlia di un primo annuncio del Vangelo, di un evento che la precede, di altri apostoli ed evangelizzatori che l’hanno stabilita sulla parola viva di Gesù; dall’altra parte, essa è anche la comunità di coloro che hanno visto compiersi in Gesù la promessa di Dio e, da figli della risurrezione, vivono nella speranza del compimento futuro. Sì, siamo destinatari della gloria promessa, che anima di attesa il nostro cammino. Eredità e promessa: l’eredità del passato è la nostra memoria, la promessa del Vangelo è il futuro di Dio che ci viene incontro».
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Nel pomeriggio, l’ultimo appuntamento di Papa Francesco è stato la lettura della dichiarazione finale in conclusione del settimo Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali. Nel suo discorso, egli ha constatato che il terrorismo di matrice pseudo-religiosa, l’estremismo, il radicalismo, il nazionalismo ammantato di sacralità fomentano timori e preoccupazioni nei riguardi della religione. In un mondo globalizzato, è ancora più pericoloso e scandaloso che ci siano troppi odi e divisioni, troppa mancanza di dialogo e comprensione dell’altro. Per questo, la Dichiarazione finale del Congresso afferma che l’estremismo, il radicalismo, il terrorismo e ogni altro incentivo all’odio, all’ostilità, alla violenza e alla guerra non hanno nulla a che fare con l’autentico spirito religioso e devono essere respinti nei termini più decisi possibili.
Le grandi sapienze e religioni, ha proseguito il pontefice, sono chiamate a testimoniare l’esistenza di un patrimonio spirituale e morale comune, che si fonda su due cardini: la trascendenza, la forza nascosta che fa andare avanti il mondo grazie alla preghiera di milioni di persone, e la fratellanza, la vera adesione al Creatore di chi ama le sue creature. Tre parole, poi, caratterizzano l’animo che pervade la Dichiarazione: pace, che non è semplice assenza della guerra, ma è opera della giustizia che scaturisce da una fraternità da testimoniare, predicare, implorare; donna, perché essa dà cura e vita al mondo e per questo va protetta nella sua dignità e coinvolta maggiormente nella società; giovani, messaggeri di pace e unità di oggi e domani che si contrappongono a un presente vecchio e chiuso ai loro sogni e che devono essere ascoltati per costruire un mondo pensando a loro.
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