Nella religiosità non possono insinuarsi il tarlo dell’ipocrisia e il vizio di puntare il dito

Le parole di Papa Francesco nel secondo giorno del viaggio apostolico a Malta.

Ieri Papa Francesco ha concluso il suo viaggio apostolico a Malta, dove a Rabat ha prima incontrato privatamente i membri della Compagnia di Gesù, poi visitato la Grotta di san Paolo presso la basilica di San Paolo, nella quale ha recitato una preghiera sull’esperienza dell’apostolo naufragato e accolto sull’isola e sul relativo insegnamento.

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Il pontefice ha poi celebrato messa presso il piazzale dei Granai a Floriana, spiegando nell’omelia l’episodio dell’adultera e soffermandosi a ragionare sugli accusatori e sull’accusata, assenti quando il popolo di Dio si raduna attorno a Gesù col desiderio di ascoltarlo. I primi, scribi e farisei, pensano di sapere già tutto e si ritengono nel giusto, protetti dal manto della loro fama di uomini religiosi e attenti a scovare i difetti negli altri senza badare ai propri. Così vanno da Cristo per metterlo alla prova, riversando contro la donna che intendono lapidare l’avversione nei confronti della Sua compassione e mostrando l’assenza della verità del cuore. Anche noi, oggi, dobbiamo stare attenti al tarlo dell’ipocrisia e al vizio di puntare il dito, perché la nostra appartenenza si misura anche da come guardiamo al prossimo e a noi stessi. Invece l’adultera, persona smarrita finita fuori strada cercando la felicità per vie sbagliate, dopo essere stata insultata e col timore di subire un severo castigo si vede con stupore perdonata da Dio, che lascia sempre aperta una possibilità di salvezza. Anche noi dobbiamo diventare testimoni instancabili di riconciliazione.

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Infine, la domenica si è conclusa con l’incontro presso il centro Giovanni XXIII Peace Lab ad Hal Far con ii migranti, ai quali il Papa ha subito espresso vicinanza. Nel suo discorso, egli inizia citando gli Atti degli apostoli, quando raccontano dell’accoglienza dell’apostolo Paolo e del suo seguito da parte dei maltesi dopo il naufragio sull’isola: «Ci trattarono con rara umanità» (28,2). La loro esperienza è purtroppo comune a migliaia di uomini, donne e bambini che in questi anni hanno tragicamente attraversato il Mediterraneo. Questo corrisponde a un naufragio della civiltà, che minaccia non solo i profughi, ma anche tutti noi. L’unica risposta possibile è comportarci con umanità, guardando le persone non come dei numeri, ma per gli esseri umani che sono, tra l’altro già feriti dallo sradicamento dalle proprie radici. L’auspicio di Papa Francesco è che i migranti, dopo aver sperimentato l’accoglienza, possano diventare in prima persona testimoni e animatori di fraternità.

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