Solo l’amore ci disseta veramente dalla sete che ci abita

Le parole di Papa Francesco nel viaggio apostolico in Mongolia. Domenica e lunedì

Ieri è continuato il viaggio apostolico di Papa Francesco in Mongolia, dove nella capitale Ulaanbaatar ha partecipato all’incontro ecumenico e interreligioso presso l’Hun Theatre. Parlando del Paese, ha detto che «Il cielo, così limpido, così azzurro, qui abbraccia […] la terra vasta e imponente, evocando le due dimensioni fondamentali della vita umana: quella terrena, fatta di relazioni con gli altri, e quella celeste, fatta di ricerca dell’Altro, che ci trascende. La Mongolia ricorda insomma il bisogno, per tutti noi, pellegrini e viandanti, di volgere lo sguardo verso l’alto per trovare la rotta del cammino in terra». Nel suo discorso si è soffermato sul concetto di armonia, quel particolare rapporto che si viene a creare tra realtà diverse, senza sovrapporle e omologarle, ma nel rispetto delle differenze e a beneficio del vivere comune ; sul patrimonio di sapienza delle religioni, che custodisce il buon rapporto con la tradizione, il rispetto per gli anziani, la cura per l’ambiente, il valore del silenzio e della vita interiore, un sano senso di frugalità, il valore dell’accoglienza, la capacità di resistere all’attaccamento alle cose, la solidarietà, l’apprezzamento per la semplicità; sulla ger, la tipica casa itinerante, che custodisce sua lo spazio umano della famiglia e dell’incontro ed evoca la tensione al divino con la sua apertura verso l’alto.

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Nel pomeriggio, il pontefice ha celebrato la messa all’interno della Steppe Arena. Nella sua omelia, partendo dalle parole «O Dio, […] ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua» (Sal 63,2), si è soffermato su due aspetti: la sete che ci abita e l’amore che ci disseta. Innanzitutto, siamo chiamati a riconoscere questa sete in una vita che assomiglia a un deserto. Il nostro cuore desidera trovare un’acqua che disseta in profondità, il segreto della vera gioia. La fede cristiana risponde a questa sete non cercando di placarla con palliativi o surrogati, ma chiedendo di aprirsi al Dio dell’amore. Dunque, è l’amore che disseta, irrorato con l’acqua che ci dona Gesù. È la sua Parola, sempre, che ci riporta all’essenziale della fede: lasciarsi amare da Dio per fare della nostra vita un’offerta d’amore.

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Oggi, ultimo giorno del viaggio apostolico, il Papa si è recato a inaugurare la Casa della Misericordia, dove ha incontrato gli operatori della carità. Nel discorso a loro rivolto ha affermato che «La dimensione caritativa fonda l’identità della Chiesa», è l’espressione concreta di quel prendersi cura dell’altro in cui i cristiani si riconoscono. La Chiesa è chiamata a essere dimora accogliente dove tutti possono sperimentare un amore superiore, quello tenero e provvidente del Padre che ci vuole fratelli e sorelle nella sua casa. Poi, Francesco ha voluto sfatare alcuni miti: il volontariato non è cosa solo per benestanti, visto che molte persone semplici dedicano tempo e cuore per occuparsi degli altri; la Chiesa cattolica è presente in molte opere di promozione sociale non per proselitismo, ma perché va avanti per attrazione; infine, per prendersi cura dell’altro non servono solo mezzi economici: «per fare davvero del bene, ciò che è indispensabile è un cuore buono».

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