Siamo echi vibranti della chiamata d’amore di Dio

Le parole di Papa Francesco nel viaggio apostolico in Portogallo in occasione della GMG. Giovedì

Nel secondo giorno del viaggio apostolico in Portogallo organizzato in occasione della ventottesima Giornata Mondiale della Gioventù, Papa Francesco ha incontrato in mattinata i giovani universitari presso la Universidade Católica Portuguesa a Lisbona. Nel suo discorso, ha sottolineato la bellezza della parola “pellegrino”, che vuol dire lasciare da parte la routine abituale e mettersi in cammino con un’intenzione, andando fuori dalla propria zona di comfort verso un orizzonte di senso. Non bisogna aver paura di sentirsi inquieti: essere insoddisfatti nella giusta misura è un antidoto contro la presunzione di autosufficienza e il narcisismo. L’importante è diffidare delle risposte a portata di mano, che sembrano dare tutto senza chiedere nulla.

Oggi, ha continuato il pontefice, che stiamo vedendo una terza guerra mondiale a pezzi, dobbiamo avere il coraggio di abbracciare «il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto». In questo contesto, la formazione delle nuove generazioni va pensata non come la perpetuazione dell’attuale sistema elitario e diseguale del mondo, ma come un mezzo per diffondere una conoscenza responsabile, ad esempio nei confronti dell’urgenza drammatica di prenderci cura della casa comune. Consapevoli che «le vie di mezzo sono solo un piccolo ritardo nel disastro», abbiamo bisogno di un’ecologia integrale che non crei polarizzazioni ma visioni d’insieme, ricordandoci che la fede è resa credibile attraverso le proprie scelte.

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Francesco, dopo essersi recato nella sede di Scholas occurrentes di Cascais dove ha dialogato con i giovani e ha contribuito con una pennellata al loro murale lungo tre chilometri, nel pomeriggio ha partecipato alla cerimonia di accoglienza alla GMG presso il parco Eduardo VII. Ai circa cinquecentomila giovani festanti ha detto: «Voi non siete qui per caso. Il Signore vi ha chiamati, non solo in questi giorni, ma dall’inizio dei vostri giorni. Tutti ci ha chiamati fin dall’inizio della nostra vita. […] Non siamo stati chiamati automaticamente, siamo stati chiamati per nome. […] Sono parole scritte nel cuore. E poi pensiamo che sono scritte dentro ciascuno di noi, nei nostri cuori, e formano una specie di titolo della tua vita, il senso di quello che siamo […]. Siamo stati chiamati, perché? Perché siamo amati».

Nonostante i nostri occhi possano essere annebbiati dalle negatività e abbagliati da tante distrazioni, dobbiamo ricordarci che noi siamo echi vibranti di questa chiamata d’amore di Dio. Essendo chiamati per nome, ribadisce il Papa, non siamo un numero, ma un volto e un cuore. Oggi, attraverso i social molti possono conoscere il tuo nome, ma questo è utile per le indagini di mercato di lupi che si nascondono dietro false promesse, non perché venga interpellata la tua unicità. Gesù, invece, dà veramente importanza a ognuno di noi. Allora noi, sua Chiesa, dobbiamo essere la comunità di quelli che sono chiamati: chiamati non perché migliori, chiamati così come siamo.

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