Non fate diventare la Chiesa una dogana

Le parole di Papa Francesco nel viaggio apostolico in Portogallo in occasione della GMG di Lisbona. Mercoledì

Papa Francesco è arrivato ieri a Lisbona per il viaggio apostolico in Portogallo organizzato in occasione della ventottesima Giornata Mondiale della Gioventù. Dopo la cerimonia di benvenuto, ha incontrato il presidente della Repubblica il primo ministro, le autorità, rappresentanti della società civile e il corpo diplomatico nel Centro culturale di Belém. Nel discorso a loro rivolto, ha fatto riferimento all’oceano Atlantico che bagna la capitale, il quale «non collega solo popoli e Paesi, ma terre e continenti; perciò Lisbona, città dell’oceano, richiama all’importanza dell’insieme, a pensare i confini come zone di contatto, non come frontiere che separano». Questo è il compito che dovrebbe avere l’Europa, di cui il mondo ha bisogno per il suo «ruolo di pontiere e di paciere nella sua parte orientale, nel Mediterraneo, in Africa e in Medio Oriente».

Riferendosi alla GMG, che è stata inaugurata martedì, il pontefice ha detto come questo evento sia, in un clima di protesta e insoddisfazione fertile per populismi e complottismi, un’occasione per costruire insieme. Egli immagina tre cantieri di speranza in cui lavorare tutti uniti: l’ambiente, perché stiamo trasformando le grandi riserve oceaniche di vita in discariche di plastica, mentre il creato va custodito con premura pensando alle giovani generazioni; il futuro, per una politica chiamata a riscoprirsi generatrice di vita e di cura e a investire con lungimiranza sull’avvenire, promuovendo alleanze intergenerazionali; la fraternità, che i cristiani imparano da Gesù e deve promuovere il senso di comunità e l’attenzione al bene comune.

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Nel pomeriggio, Francesco ha partecipato ai vespri, celebrati nel Mosteiro dos Jerónimos, con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, i seminaristi e gli operatori pastorali. Nella sua omelia, ha fatto riferimento al racconto evangelico della prima chiamata dei discepoli da parte di Gesù sulle rive del mare di Galilea, sottolineando un contrasto: i pescatori scendono dalla barca per pulire le reti e poi tornare a casa, mentre Gesù sale sulla barca e li invita a gettarle di nuovo per la pesca. Loro, stanchi, vivono di gesti ripetitivi e automatici, ma Cristo porta la speranza di Dio. Anche nella Chiesa ci si può sentire così, rassegnati e scoraggiati, però Gesù dà la forza di ricominciare domandando di risvegliare l’inquietudine per il Vangelo.

Per non fermarsi o fuggire, il Papa indica tre scelte ispirate al Vangelo. Anzitutto, si può prendere il largo per «lasciare la riva delle delusioni e dell’immobilismo, prendere le distanze da quella tristezza dolciastra e da quel cinismo ironico che a volte ci assalgono dinanzi alle difficoltà», recuperando la speranza matura che viene dopo il fallimento o la stanchezza. Una seconda via è quella di portare avanti tutti assieme la pastorale, perché sulla barca della Chiesa ci dev’essere spazio per tutti i battezzati, che sono chiamati a salirvi e a gettare le reti impegnandosi in prima persona nell’annuncio del Vangelo. Infine, occorre diventare pescatori di uomini, per tirare fuori le persone dall’acqua con amore e senza proselitismo, aiutandole a risalire da dove sono sprofondate e a salvarle dal male che rischia di farle affogare.

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