Le parole di Papa Francesco nel viaggio apostolico nella Repubblica Democratica del Congo (terzo e quarto giorno).
Le parole di Papa Francesco nel viaggio apostolico nella Repubblica Democratica del Congo (terzo e quarto giorno).
Ieri, il viaggio apostolico di Papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo è continuato con l’incontro mattutino con i giovani e i catechisti presso lo stadio dei Martiri, sempre a Kinshasa. Il pontefice ha chiesto ai presenti di non guardare lui, ma le proprie mani, che possono chiudersi in un pugno oppure aprirsi per essere messe a disposizione di Dio e degli altri. Ogni dito può essere così associato a un ingrediente per il futuro: la preghiera, che ci avvicina a Gesù e fa pulsare la vita; la comunità, che non esclude e non isola; l’onestà, perché essere cristiani è testimoniare Cristo vivendo rettamente; il perdono, che vuol dire saper ricominciare; il servizio, ovvero il potere che trasforma il mondo. Infine, il Papa ha spronato i giovani dicendo: «non abbiate paura di far sentire la vostra voce, perché non solo il futuro, ma anche l’oggi è nelle vostre mani: siate al centro del presente!».
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Nel pomeriggio, prima di ricevere privatamente i membri della Compagnia di Gesù presso la Nunziatura apostolica, Francesco ha incontrato i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, le consacrate e i seminaristi nella cattedrale Notre Dame du Congo. A loro ha ricordato le parole che Dio ha pronunciato mediante il profeta Isaia: «Aprirò anche nel deserto una strada, immetterò fiumi nella steppa» (43,19). Se il Signore indica la via, i ministri ordinati e le persone consacrate sono chiamati a essere segno di questa promessa, servendo il popolo come testimoni del Suo amore. Per vivere così la propria vocazione, però, ci sono delle sfide da affrontare: la mediocrità spirituale, da vincere incontrando il Padre nella preghiera personale; la comodità mondana (specialmente in un contesto di povertà e sofferenze), che non permette di esercitare l’arte della vicinanza; la superficialità, perché il fedele attende di essere raggiunto dalla Parola di Dio pronunciata da preti e religiosi preparati e appassionati al Vangelo. Queste sfide sono da affrontare se si vuole servire il popolo come testimoni dell’amore divino, perché il servizio è efficace solo se passa attraverso la testimonianza.
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Questa mattina, l’ultimo appuntamento per il Papa prima dello spostamento in Sud Sudan è stato con i vescovi presso la sede nella CENCO – Conférence Episcopale Nationale du Congo. Il suo discorso si è aperto con un’amara constatazione: in una terra che con la sua grande foresta rappresenta il cuore verde dell’Africa, una Chiesa giovane e dinamica deve far fronte al dolore e allo scoraggiamento di un popolo oppresso da violenza e sfruttamento. Come esercitare il ministero in questa situazione? Guardando alla storia di Geremia, occorre innanzitutto lasciarsi toccare e consolare dalla vicinanza di Dio, da fondare su una preghiera continua. Grazie a essa si può sentire la compassione per quanti ci sono affidati, evitando di cedere al carrierismo e alla mondanità. Così si può diventare profeti di speranza per il popolo, capaci di seminare la Parola che salva nella storia ferita della propria terra.
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