Le parole di Papa Francesco nel primo e secondo giorno del viaggio apostolico in Ungheria.
Le parole di Papa Francesco nel primo e secondo giorno del viaggio apostolico in Ungheria.
Il viaggio apostolico in Ungheria di Papa Francesco è iniziato venerdì mattina con una serie di incontri prima nel palazzo Sándor, poi nell’ex monastero carmelitano della capitale, dove alla presidente della Repubblica, al primo ministro, al governo, alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico ha proposto una riflessione su Budapest quale città di storia, di ponti e di santi. Questi argomenti sono stati lo spunto per affermare che l’Europa è «chiamata a interpretare il ruolo che le corrisponde: quello di unire i distanti, di accogliere al suo interno i popoli e di non lasciare nessuno per sempre nemico […], oltre i confini nazionali e i bisogni immediati». Siccome «i valori cristiani non possono essere testimoniati attraverso rigidità e chiusure», accanto alla conservazione della propria identità è necessaria un’apertura nei confronti degli altri, per creare «un insieme che non appiattisca le parti e di parti che si sentano ben integrate nell’insieme», ovvero un’Europa che non si dimentichi dei popoli che la compongono ma che non sia preda di populismi autoreferenziali.
Clicca qui per leggere il testo completo del discorso
Nel pomeriggio, il Papa si è spostato alla concattedrale di Santo Stefano per incontrare i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati e le consacrate, i seminaristi e gli operatori pastorali, i quali sono stati ammoniti a non cadere nelle tentazioni di una «lettura catastrofista della storia presente, che si nutre del disfattismo di chi ripete che tutto è perduto, che non ci sono più i valori di una volta, che non si sa dove andremo a finire» e di una «lettura ingenua del proprio tempo, che invece si fonda sulla comodità del conformismo e ci fa credere che in fondo vada tutto bene, che il mondo ormai è cambiato e bisogna adeguarsi». Contro il disfattismo catastrofico e il conformismo mondano il Vangelo chiede di assumere un atteggiamento di accoglienza aperta alla profezia, per «imparare a riconoscere i segni della presenza di Dio nella realtà, anche laddove essa non appare esplicitamente segnata dallo spirito cristiano e ci viene incontro con il suo carattere di sfida o di interrogativo». Questo impegno significa essere presenti e testimonianti, sapendo ascoltare le domande e le prove senza paure o rigidità, ma con sguardi e approcci misericordiosi e compassionevoli.
Clicca qui per leggere il testo completo del discorso
Sabato mattina il pontefice si è recato in visita ai bambini dell’istituto Beato László Batthyány-Strattmann e alla comunità greco-cattolica nella chiesa della Protezione della Madre di Dio. Nella chiesa di Santa Elisabetta d’Ungheria, invece, si è fermato con i poveri e i rifugiati. Ha subito ricordato che i bisognosi sono al cuore del Vangelo e «indicano una sfida appassionante, perché la fede che professiamo non sia prigioniera di un culto distante dalla vita e non diventi preda di una sorta di egoismo spirituale, cioè di una spiritualità che mi costruisco a misura della mia tranquillità interiore e della mia soddisfazione». Infatti, il Signore «non arriva quasi mai risolvendo dall’alto i nostri problemi, ma si fa vicino con l’abbraccio della sua tenerezza ispirando la compassione di fratelli che se ne accorgono e non restano indifferenti». L’amore che Cristo ci chiede di vivere contribuisce a estirpare dalla società i mali dell’indifferenza e a riaccendere la speranza di un’umanità più giusta e fraterna, sempre ricordandosi che «la carità non è una semplice assistenza materiale e sociale, ma si preoccupa della persona intera e desidera rimetterla in piedi con l’amore di Gesù».
Associazione Rete Sicomoro | direttore Enrico Albertini
Via Fusara 8, 37139 Verona | P.IVA e C.F. 03856790237
Telefono 351 7417656 | E-mail info@retesicomoro.it
Privacy policy | © 2024 Rete Sicomoro