La teologia è chiamata a essere una teologia dell’accoglienza e del dialogo

Il discorso che Papa Francesco ha tenuto in occasione del convegno “La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo”.

“Il Mediterraneo è da sempre luogo di transiti, di scambi, e talvolta anche di conflitti. Ne conosciamo tanti. Questo luogo oggi ci pone una serie di questioni, spesso drammatiche. […] Come custodirci a vicenda nell’unica famiglia umana? Come alimentare una convivenza tollerante e pacifica che si traduca in fraternità autentica? Come far prevalere nelle nostre comunità l’accoglienza dell’altro e di chi è diverso da noi perché appartiene a una tradizione religiosa e culturale diversa dalla nostra? Come le religioni possono essere vie di fratellanza anziché muri di separazione?”

Il discorso che Papa Francesco ha tenuto ieri a Napoli in occasione del convegno “La teologia dopo Veritatis Gaudium nel contesto del Mediterraneo”, promosso dalla sezione San Luigi di Napoli della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, è iniziato con questa serie di domande, alle quali è seguita una serie di direttrici pensate per la teologia di oggi.

“La teologia, particolarmente in tale contesto, è chiamata ad essere una teologia dell’accoglienza e a sviluppare un dialogo sincero con le istituzioni sociali e civili, con i centri universitari e di ricerca, con i leader religiosi e con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per la costruzione nella pace di una società inclusiva e fraterna e anche per la custodia del creato. Quando nel Proemio della Veritatis gaudium si menziona l’approfondimento del kerygma e il dialogo come criteri per rinnovare gli studi, si intende dire che essi sono al servizio del cammino di una Chiesa che sempre più mette al centro l’evangelizzazione. […] Il dialogo è anzitutto un metodo di discernimento e di annuncio della Parola d’amore che è rivolta ad ogni persona e che nel cuore di ognuno vuole prendere dimora. Solo nell’ascolto di questa Parola e nell’esperienza dell’amore che essa comunica si può discernere l’attualità del kerygma. Il dialogo, così inteso, è una forma di accoglienza.”

In particolare, per il rinnovamento della teologia Papa Francesco invita al dialogo tra docenti e studenti, tra forme del sapere e tra religioni, soprattutto ebraismo e islam. Il dialogo con le altre religioni monoteistiche servono per comprendere le radici comuni e le differenze delle nostre identità religiose, contribuendo così più efficacemente all’edificazione di una società che apprezzi la diversità e favorisca il rispetto, la fratellanza e la convivenza pacifica.

“Il dialogo come ermeneutica teologica presuppone e comporta l’ascolto consapevole. Ciò significa anche ascoltare la storia e il vissuto dei popoli che si affacciano sullo spazio mediterraneo per poterne decifrare le vicende che collegano il passato all’oggi e per poterne cogliere le ferite insieme con le potenzialità. Si tratta in particolare di cogliere il modo in cui le comunità cristiane e singole esistenze profetiche hanno saputo ― anche recentemente ― incarnare la fede cristiana in contesti talora di conflitto, di minoranza e di convivenza plurale con altre tradizioni religiose.”

La teologia deve quindi essere interdisciplinare, con teologi che sappiano superare l’individualismo nel lavoro intellettuale, accogliere le inesauribili novità dello Spirito e rivisitare continuamente la tradizione, e in rete, incoraggiando le popolazioni del Mediterraneo a rifiutare ogni tentazione di chiusura identitaria.

“Qual è dunque il compito della teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto del Mediterraneo? […] Ai teologi spetta il compito di favorire sempre nuovamente l’incontro delle culture con le fonti della Rivelazione e della Tradizione. Le antiche architetture del pensiero, le grandi sintesi teologiche del passato sono miniere di sapienza teologica, ma esse non si possono applicare meccanicamente alle questioni attuali. Si tratta di farne tesoro per cercare nuove vie. […] Perché ciò avvenga sono indispensabili alcuni presupposti. Innanzitutto, occorre partire dal Vangelo della misericordia, cioè dall’annuncio fatto da Gesù stesso e dai contesti originari dell’evangelizzazione. La teologia nasce in mezzo agli esseri umani concreti, incontrati con lo sguardo e il cuore di Dio, che va in cerca di loro con amore misericordioso. Anche fare teologia è un atto di misericordia. […] In secondo luogo, è necessaria una seria assunzione della storia in seno alla teologia, come spazio aperto all’incontro con il Signore. […] È necessaria la libertà teologica. Senza la possibilità di sperimentare strade nuove non si crea nulla di nuovo, e non si lascia spazio alla novità dello Spirito del Risorto. […] Infine, è indispensabile dotarsi di strutture leggere e flessibili, che manifestino la priorità data all’accoglienza e al dialogo, al lavoro inter- e trans-disciplinare e in rete.”

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