La tomba vuota come primo monumento dell’arte cristiana

Il sepolcro è la catechesi della comunità cristiana primitiva affinché la Parola del kerygma possa diventare visibile.

Secondo un’usanza nata all’interno della primitiva comunità cristiana di Gerusalemme, la mattina presto i primi credenti si recavano alla tomba di Cristo. Probabilmente, essa veniva vista vuota, mentre un celebrante proclamava liturgicamente l’annuncio della Resurrezione. Secondo il gesuita Jean-Paul Hernández, direttore della Scuola di Alta Formazione di Arte e Teologia della Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale, si può quindi affermare che la tomba vuota sia il primo monumento dell’arte sacra cristiana, iniziata dunque la domenica di Pasqua con la fede stessa. Il nudo sepolcro non dimostra la risurrezione, ma la mostra, permettendo alla Parola di riecheggiare (in greco katechein, da cui catechesi) in esso: segno e parola diventano complementari. «Il monumento della tomba vuota è la catechesi della prima comunità cristiana affinché la nuda Parola del kerygma possa diventare visibile e toccabile», si legge su Avvenire.

Nel racconto di Giovanni della scoperta da parte di Maria di Magdala che la pietra era stata spostata e il corpo di Gesù non c’era più (Gv 20,1-2), per descrivere entrambi i fatti viene usato il verbo aireo, che significa levare, creando un immediato parallelismo tra un elemento materiale e l’avvenimento fondante della fede cristiana. Inoltre, in ebraico le parole “pietra” e “figlio” (anche nel senso di persona che ci è cara) si pronunciano quasi allo stesso modo e nella Bibbia spesso si richiamano a vicenda. Così, la pietra tolta diventa il figlio tolto. Scrive p. Hernández: «Ecco l’essenza dell’arte sacra cristiana: pietre che fanno intuire ciò che è successo a Cristo e che spingono alla Sua ricerca».

Non è un caso, poi, se la parola greca con cui quasi tutti i racconti della Resurrezione indicano il sepolcro di Cristo è mnemeion, che significa anche monumento. Questo vocabolo è vicino al termine “memoriale”, la cui radice è il verbo mimnesco, ricordare. Effettivamente, la tomba è un segno che permette di ricordare il defunto e rielaborare il lutto di una persona assente. Per cui, Maria di Magdala che si reca al monumento di Cristo significa che lei ci trasporta, attraverso la memoria, all’incontro con Lui, cosa che però, diversamente dal normale, avverrà fisicamente di lì a poco. Il passaggio è evidente: fare memoria di Gesù diventa incontrare realmente Gesù.

Per i primi credenti ciò avviene in un luogo vuoto, adatto all’incontro e alla connessione tra Parola ascoltata e segni osservati. Il Vangelo dice del discepolo amato quando giunge al sepolcro «E vide e credette» anche se «non avevano ancora compreso la Scrittura» (Gv 20,8-9). Solo l’ascolto della Parola permette ai segni (come le bende lasciate nella tomba) di portare alla fede. «L’assenza diventa la promessa per eccellenza di una in-immaginabile presenza. E questa promessa è la relazione che permette di guardare ogni vuoto della terra come segno del Vivente. L’arte diventa arte sacra cristiana quando permette questa trasfigurazione».