Dopo l’oscurità c’è una nuova alba

“Il sole” di Pellizza da Volpedo, sebbene nasca da una volontà di rappresentazione scientifica, trasmette un senso di rinascita e speranza.

L’opera Il sole di Giuseppe Pellizza da Volpedo, dipinto simbolista del 1904, nasce dalla volontà scientifica dell’artista di mettere su tela, grazie alla tecnica divisionista, uno degli spettacoli più sfolgoranti della natura, quello che segna il passaggio dalle tenebre alla luce. Il quadro ottenne un certo successo di critica, tanto che in un’esposizione milanese del 1906 l’opera fu acquistata dallo Stato per la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Un giudizio non proprio positivo venne da L’Avvenire d’Italia, quotidiano cattolico fondato a Bologna a fine Ottocento e confluito nel 1968 nel nuovo Avvenire: il critico a firma Endymion scrisse che all’artista era tecnicamente riuscita la difficile illusione di dipingere il disco solare, ma il quadro non andava oltre uno sterile verismo.

Però, oggi è evidente la forte atmosfera spirituale che l’opera riesce a trasmettere. Alcune riflessioni sul sito della Pastorale giovanile della diocesi di Treviso accostano infatti la scena a significati di speranza e rinascita, ovvero alla Pasqua. Nella lunga notte che l’ha preceduta, i discepoli erano rimasti chiusi in casa per lo sconforto, nascosti per la paura. Come per chi soffre o è malato, la luce sembrava non arrivare. Ma, dopo l’oscurità, sorge sempre il sole, con l’eterna attesa che diventa preludio di una nuova alba. Questo è ciò che non ci deve far perdere la speranza, perché, come duemila anni fa, quando tutto sembrava perduto Gesù si è mostrato ancora vivo. Lo ha fatto in un giardino, quello dove c’era il suo sepolcro, inondandolo dalla luce della sua Resurrezione.

L’attesa di questo momento, quando esplode un amore più potente della morte, non è facile. Chi porta dento di sé un macigno prova un senso di smarrimento e di fatica, che impedisce ogni tentativo di risollevarsi e persino di vivere relazioni autentiche. Ci si sente dentro un tunnel, che a volte sembra far intravvedere in fondo una luce, la luce della sua fine, ma che troppo spesso si rivela essere solo un miraggio. Questo tunnel va percorso interamente, senza scorciatoie, proprio come Cristo è passato attraverso il dolore, la fatica, la solitudine, attraverso la via della croce. Non c’è Pasqua senza Passione. Guardando a Lui, dobbiamo ricordarci che anche dopo la notte più buia il sole, magari prima flebile e indefinito, salirà dall’orizzonte e porterà una nuova alba, una luce che ci abbaglierà e farà ardere il nostro cuore.