Gesù esige ogni volta la comprensione del suo senso, che non finisce di sfidarci con un incredibile che tuttavia è degno di fede.
Gesù esige ogni volta la comprensione del suo senso, che non finisce di sfidarci con un incredibile che tuttavia è degno di fede.
Nel Vangelo di Matteo, Gesù parla della misericordia attraverso dei rimproveri: «Andate a imparare che cosa vuol dire: misericordia io voglio e non sacrifici. Io non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13) e, rivolgendosi ai farisei, «Se aveste compreso che cosa significhi: misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa» (Mt 12,7). Gesù rimprovera ai suoi interlocutori, e anche a noi, di non averne capito realmente il senso, di non aver compreso fino in fondo la parola di Dio. Su Vita e Pensiero, Silvano Petrosino commenta:
“Ma che cosa in verità noi facciamo sempre fatica a comprendere, che cosa non comprendiamo? In effetti tutti noi comprendiamo il significato della parola misericordia […]. Da questo punto di vista, ad esempio, non si può pensare che i farisei, uomini pii e devoti, non comprendessero il significato della parola misericordia; eppure Gesù insiste: in verità voi non avete capito, e non avete capito proprio perché vi fermate al significato senza aprirvi al senso. Il significato non è il senso; il significato è la strada che conduce al senso senza poterlo tuttavia mai esaurire.”
Anche la resurrezione di Gesù esige e sollecita ogni volta la comprensione del suo senso, un senso che non finisce di sfidarci con un incredibile che tuttavia è degno di fede. La sua resurrezione non è un atto che avviene all’improvviso, un’entrata nella scena umana al fine di risolvere come d’incanto i nostri infiniti problemi. Gesù fa quello che il Dio biblico ha sempre fatto: si è rivelato nel tempo lento e aggrovigliato nella storia, intrecciando la propria vita con altre storie: «E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui» (v. 27). Per cogliere il senso di una storia, bisogna avere il tempo e la pazienza di seguire il racconto delle storie.
“Come la corruzione della carne non attende certo l’istante della morte per cominciare a finire e per iniziare a dissolversi, analogamente questa Sua resurrezione non ha certo atteso l’istante della resurrezione per cominciare a risorgere poiché essa, in un certo senso e forse nel suo senso più rigoroso, aveva già iniziato a farlo all’interno del presente stesso del Suo modo d’essere, del Suo modo di nominare e dominare, o più in generale ancora: all’interno del Suo specifico modo di abitare la vita e di prendersi cura dell’esistenza intera.”
È questo modo di Gesù di abitare il «qui» a rendere degno di fede il «là», quello della Sua definitiva resurrezione. Il rimprovero di Gesù potrebbe essere parafrasato così: voi vi fermate al significato del «qui» e del «là» e non riuscite a seguire il senso che lega il primo al secondo. Le inquietanti parole che si sentono oggi, come sovranità, identità, respingimenti, chiedono di tornare a riflettere per riuscire prima o poi a comprendere veramente il significato di «Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrifici, non avreste condannato persone senza colpa».
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