In pochi anni la crisi climatica ha più che raddoppiato gli affamati

Nei soli dieci Paesi più colpiti dagli eventi estremi le persone ridotte alla fame sono diventate quarantotto milioni.

Negli ultimi sei anni, nei dieci Paesi con il maggior numero di eventi climatici estremi il numero di persone colpite dalla fame è più che raddoppiato, passando dai ventuno milioni del 2016 ai quarantotto milioni di oggi, dei quali diciotto sull’orlo della carestia. I fenomeni di siccità, desertificazione, cicloni e alluvioni, sempre più frequenti e imprevedibili, sono aumentati di ben cinque volte dagli anni Settanta del secolo scorso e stanno avendo una ricaduta devastante sull’alimentazione delle fasce più deboli, che non hanno la possibilità di fronteggiarli da soli.

Se non si inverte la rotta, entro il 2050 potrebbero essere settecentoventi milioni gli individui che si ritroveranno in condizioni di povertà estrema a causa della crisi ambientale, ovvero un abitante della Terra su undici. L’ennesimo allarme è stato lanciato da Oxfam, soprattutto in vista della conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP27 che si sta per tenere in Egitto. Per far fronte alle emergenze umanitarie causate da siccità, desertificazione, cicloni e alluvioni sempre più frequenti, si calcola che servano quarantantanove miliardi di dollari, quanto le grandi aziende energetiche dei combustibili fossili guadagnano in meno di diciotto giorni.

Gli aiuti dovrebbero essere indirizzati soprattutto verso gli stati che subiscono le conseguenze peggiori di questa situazione, ma che sono responsabili di appena lo 0,13% delle emissioni globali di anidride carbonica in atmosfera (mentre le venti nazioni più ricche ne producono il 76,60%): Somalia, Haiti, Gibuti, Kenya, Niger, Afghanistan, Guatemala, Madagascar, Burkina Faso e Zimbabwe. Particolarmente colpita è l’Africa, che emette il 2% della C02 globale, ma già alla fine di questo decennio rischia di avere centodiciotto milioni di persone colpite dalla crisi climatica. Se le temperature medie globali aumenteranno di oltre due gradi rispetto al periodo pre-industriale, la colpa sarà dei Paesi del G20, che controllano l’80% dell’economia mondiale e continuano nella sostanza a favorire gli interessi delle aziende più profittevoli e inquinanti.