Per la prima volta in vent’anni il commercio di armi non cresce

Tra i grandi esportatori di armamenti Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina rappresentano il 76% del mercato.

Per la prima volta negli ultimi vent’anni, la compravendita di armi tra Paesi non è aumentata. Anzi, tra il quinquennio 2011-15 e il 2016-20 c’è stato un calo dello 0,5%. Le quantità rimangono sempre molto alte e vicine ai livelli massimi raggiunti dalla fine della Guerra fredda, ma si spera che questo andamento sia un segnale di controtendenza. Questo e altri dati sono contenuti nel nuovo report del Sipri, l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma, e riportati da Nigrizia.

Tra i sessantacinque Paesi grandi esportatori di armi, Stati Uniti, Russia, Francia, Germania e Cina rappresentano ben il 76% di questo commercio. Negli ultimi cinque anni, c’è chi ha avuto un aumento dell’export (+44% per la Francia, +21% per la Germania, +15% per gli USA), mentre altri una riduzione (Cina e Russia). Ad esempio, l’incremento da parte di Mosca dei trasferimenti verso Cina, Algeria e Egitto non è riuscito a compensare la loro grande diminuzione verso l’India.

Le aree del mondo in cui c’è stata una crescita delle importazioni di armamenti sono state il Medioriente (25%) e l’Europa (12%), al contrario delle Americhe (-43%), dell’Africa (-13%), dell’Asia e Oceania (-8,3%). I maggiori importatori sono risultati l’Arabia Saudita, l’India e l’Egitto. Quest’ultimo Paese ha registrato un balzo addirittura del 136% rispetto al periodo tra cinque e dieci anni fa ed è seguito nel continente africano da Algeria e Marocco. Inoltre, il conflitto armato nel Sahel ha portato più produzioni militari in Mali (+669%) e Burkina Faso (+83%).

Tra il 2016 e il 2021, nella classifica dei Paesi esportatori di armi l’Italia è scesa al decimo posto, superata da Israele e dalla Corea del Sud, con un calo di più di un quinto che l’ha portata a una quota del 2,2% del mercato mondiale. I maggiori stati importatori delle produzioni belliche nostrane sono la Turchia (18%), l’Egitto (17%) e il Pakistan (7,2%), tutti con una situazione interna di tensione o conflitto che spesso non tutela i principali diritti umani. In generale, la speranza è quella di vedere sempre meno affari approvati dalle nazioni che riguardino aerei da combattimento, veicoli militari e armi.