Nella prefazione a un libro, Papa Francesco si scaglia contro chi sfrutta e alimenta la tratta delle donne.
Nella prefazione a un libro, Papa Francesco si scaglia contro chi sfrutta e alimenta la tratta delle donne.
“Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme. È una ferita alla coscienza collettiva, una deviazione all’immaginario corrente. È patologica la mentalità per cui una donna vada sfruttata come se fosse una merce da usare e poi gettare. È una malattia dell’umanità, un modo sbagliato di pensare della società. Liberare queste povere schiave è un gesto di misericordia e un dovere per tutti gli uomini di buona volontà. Il loro grido di dolore non può lasciare indifferenti né i singoli individui né le istituzioni. Nessuno deve voltarsi dall’altra parte o lavarsi le mani del sangue innocente che viene versato sulle strade del mondo.”
Nella prefazione al libro Donne crocifisse. La vergogna della tratta raccontata dalla strada di don Aldo Buonaiuto, della Comunità Papa Giovanni XXIII, Papa Francesco si scaglia contro chi sfrutta la prostituzione e la alimenta. Per lui, sono stati significativi gli incontri con le ragazze liberate dalla tratta da chi continua l’opera di don Oreste Benzi durante l’anno Santo Straordinario dedicato alla misericordia. Queste donne umiliate, affrante, provate sono state realmente crocifisse.
Molti loro clienti si definiscono cristiani, ma partecipano al mercimonio dei corpi femminili e hanno sulla coscienza vere e proprie torture. Una persona non può mai essere messa in vendita. Per questo, l’attività di coloro che, esponendosi ai pericoli e alle ritorsioni della criminalità, soccorre e riabilita queste ragazze è davvero importante.
“Conoscendo le storie che sono dietro i numeri sconvolgenti della tratta, si [può] capire che senza fermare una così alta domanda dei clienti non si potrà efficacemente contrastare lo sfruttamento e l’umiliazione di vite innocenti. La corruzione è una malattia che non si ferma da sola, serve una presa di coscienza a livello individuale e collettivo, anche come Chiesa, per aiutare veramente queste nostre sfortunate sorelle e per impedire che l’iniquità del mondo ricada sulle più fragili e indifese creature.”
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