Quando Hitler pensò di rapire Papa Pio XII

Dall’Archivio della Gendarmeria vaticana sono emersi i dettagli dei piani di difesa in caso di invasione della Santa Sede.

Anche tra le mura del Vaticano, il 4 giugno 1944, giorno della liberazione di Roma, si tirò un sospiro di sollievo. Era dall’8 settembre dell’anno precedente che, dietro la calma apparente, si celavano gravi preoccupazioni. La Santa Sede, con la città controllata dai tedeschi, era preparata a tutto, dall’assalto di truppe regolari o di commando paramilitari alla difesa fisica del pontefice. E a ragione, perché Hitler aveva un piano per invadere quel territorio di appena quarantaquattro ettari e addirittura per rapire Papa Pio XII e deportarlo in Germania.

Come raccontato da Famiglia Cristiana, questa novità storica, scoperta da Cesare Catananti, che ha potuto consultare diverso materiale inedito nell’Archivio della Gendarmeria vaticana, si inserisce nel clima di sospetto e spionaggio che si respirava in quei mesi. Il Führer odiava la Chiesa cattolica perché era un potere non completamente controllabile dallo Stato e Mussolini faceva spiare dall’Ovra i monsignori, i cardinali e il papa stesso. Per di più il Vaticano, neutrale nel conflitto bellico, accoglieva prigionieri inglesi in fuga e cercava di salvaguardare l’immunità degli ambasciatori alleati presso la Santa Sede, che soggiornavano all’interno delle mura leonine in alloggi spesso di fortuna.

Le contromisure della Gendarmeria prevedevano la difesa delle varie porte, dall’Arco delle Campane all’entrata di Sant’Anna, protette anche dalle guardie svizzere, e il controllo dei tratti di mura più accessibili. I portoni venivano rafforzati con spranghe, borchie, lamiere e sacchetti di sabbia. I magazzini furono riforniti di acqua e vivande. In caso di invasione, era stata organizzata una ritirata nel Palazzo Apostolico, come indica un promemoria della Gendarmeria:

«Qualora per deprecata ipotesi venissero sopraffatti gli uomini adibiti alla difesa delle porte di accesso del Palazzo Apostolico, tutti i militari agli ordini dei rispettivi Superiori dovrebbero raggiungere rapidamente l’Appartamento Pontificio ed ivi, attrezzandosi a difesa, unitamente alle Guardie Nobili, fare scudo col proprio corpo alla Sacra ed Augusta Persona del Sommo Pontefice.»

Il piano era disperato, se si considera che gli armamenti del piccolo esercito vaticano di duecento uomini, costituiti da fucili antiquati, spade, alabarde e persino idranti dei pompieri, sarebbero stati surclassati dalla tecnologia militare nazista. Nel caso, però, i gendarmi fossero riusciti a evitare il rapimento del Papa, avrebbero dovuto tenerlo nascosto per quarantotto ore nella Torre dei Venti nel cortile della Pigna, luogo ricco di nascondigli e passaggi segreti (dove venivano celati anche ebrei e rifugiati di guerra). Gli alleati sarebbero stati pronti, non appena avvertiti, a inviare un commando per salvarlo. Per fortuna non ce n’è stato bisogno.