In un campo profughi in Bangladesh sono state date alle fiamme diverse case di cristiani e un’intera famiglia è stata rapita.
In un campo profughi in Bangladesh sono state date alle fiamme diverse case di cristiani e un’intera famiglia è stata rapita.
Qualche settimana fa, in Bangladesh un’intera famiglia cristiana è stata rapita e probabilmente una delle due figlie minorenni è stata costretta a sposarsi e convertirsi all’islam. È successo nel campo profughi di Kutupalong, dove centinaia di migliaia di Rohingya, il gruppo di fede musulmana a cui non viene riconosciuta la cittadinanza birmana, risiedono dopo la fuga dal Myanmar dall’agosto del 2017. Ma tra questi vi sono persone che, oltre ad affrontare la persecuzione etnica, subiscono altre violenze in quanto cristiane.
Saiful Islam Peter, membro della protestante Bethel Church Rohingya Christian Fellowship, è uno di quelli che è stato aggredito dai militanti dell’Arsa, l’Arakan Rohingya Salvation Army, per motivi di fede. Ora è ricoverato in un ospedale missionario dopo le ferite subite perché, durante l’attacco, stava riprendendo le case dei cristiani in fiamme, cosa per cui è anche stato incriminato dalla polizia. Ad AsiaNews ha raccontato che circa duecento membri dell’Arsa sono arrivati nel campo per rifugiati con pistole, coltelli, spade e spranghe di ferro.
«Sono state picchiate in maniera terribile anche le donne e i bambini. Molte ragazze sono state molestate durante la notte. I criminali hanno toccato le parti intime delle donne, hanno strappato orecchini d’oro dalle orecchie e le fedi nuziali. Le donne hanno subito danni permanenti ai lobi e alle mani. Gli anziani sono stati colpiti con le spade su spalle, schiena e braccia. […] Hanno rubato tutti i nostri averi dalle case, hanno distrutto la chiesa, prelevato computer, proiettori e altro materiale per un valore di 200.000 taka [2.130 euro].»
Se da una parte c’è chi mette in dubbio la presenza di militanti dell’Arsa nel campo profughi (anche se ci sono foto e video), dall’altra ci sono tanti musulmani Rohingya che, secondo Saiful, li detestano. Ora le famiglie attaccate sono in un campo dell’Onu, ma i 1.500 cristiani che vivono in Bangladesh rischiano sempre per l’odio nei loro confronti, scaturito dalla convinzione di alcuni che per i Rohingya non c’è altra religione se non quella islamica, anche perché in passato ci sono stati altri attacchi.
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