Un’analisi dei testi dei brani di Achille Lauro, Ultimo, Simone Cristicchi, The Zen Circus, Negrita e Arisa.
Un’analisi dei testi dei brani di Achille Lauro, Ultimo, Simone Cristicchi, The Zen Circus, Negrita e Arisa.
Ieri sera, il cardinal Ravasi ha pubblicato sul suo profilo Twitter alcuni versi di due canzoni sentite nella prima serata del Festival di Sanremo. Da Abbi cura di me di Simone Cristicchi riporta «Basta mettersi al fianco invece di stare al centro», mentre da Argento vivo di Daniele Silvestri:
“Avete preso un bambino che
non stava mai fermo.
L’avete messo da solo
davanti a uno schermo.
E adesso vi domandate se sia normale
se il solo mondo che apprezzo
è un mondo
virtuale.”
Tra i cantanti in gara, c’è poi chi si rivolge esplicitamente a Dio, chi richiama il Vangelo e chi, più in generale e con toni differenti, affronta temi legati alla spiritualità.
Nella sua Rolls Royce, il giovane Achille Lauro, dopo aver inneggiato alle star del rock (e non solo) del passato come Jimi Hendrix, Elvis Presley, Rolling Stones e a una vita vissuta all’estremo tra concerti, alcol e, appunto, rolls royce, si domanda «di noi che sarà» e chiude l’energetico brano con quella che appare come una richiesta di perdono:
“Dio ti prego salvaci da questi giorni,
tieni da parte un posto e segnati ‘sti nomi.”
Il giovanissimo Ultimo parla, nella canzone I tuoi particolari, di un amore che non c’è più e si rivolge direttamente a Dio con la speranza che gli suggerisca nuove parole per ricordare la bellezza di una vita insieme:
“Se solamente Dio inventasse delle nuove parole
potrei scrivere per te nuove canzoni d’amore e cantartele qui.
Fra i miei e i tuoi particolari,
potrei cantartele qui.”
Il già citato Cristicchi, che si rivolge a una persona amata chiedendole di avere cura di lui, esprime poeticamente il bisogno di ricevere amore, non solo di darne: «L’amore è l’unica strada, è l’unico motore. È la scintilla divina che custodisci nel cuore». Ma sono molti i passaggi dal forte valore spirituale. Eccone alcuni:
“Non cercare un senso a tutto perché tutto ha senso.
Anche in un chicco di grano si nasconde l’universo,
perché la natura è un libro di parole misteriose
dove niente è più grande delle piccole cose.”
“La vita è l’unico miracolo a cui non puoi non credere,
perché tutto è un miracolo, tutto quello che vedi.”
“Tu arrenditi a tutto, non giudicare chi sbaglia.
Perdona chi ti ha ferito, abbraccialo adesso,
perché l’impresa più grande è perdonare sé stesso.”
Invece, i The Zen Circus pescano dal Vangelo. Nella loro drammatica L’amore è una dittatura, inseriscono un riferimento a Gv 8,7 nel verso «Ecco la pietra, ecco il peccato», che rivela l’importanza di essere onesti nel riconoscere i propri sbagli. Poi, alcuni cantanti non hanno fatto richiami espliciti, ma hanno toccato tematiche spirituali.
I Negrita affrontano ne I ragazzi stanno bene la dura realtà di oggi, dove è sempre più difficile avere la libertà di non accontentarsi, di non abituarsi all’esistente. Vedono un’alba che «mette i brividi», quella contro cui Papa Francesco si scaglia chiedendo ai giovani, alla Giornata Mondiale della Gioventù di Panama, di «avere il coraggio di mantenere vivo e insieme un sogno comune»:
“Non ho tempo per brillare voglio esplodere
ché la vita è una poesia di storie uniche.
E poi trovarsi qui sempre più confusi e soli,
tanto ormai non c’è più tempo che per essere crudeli.”
Infine, nella canzone Mi sento bene, Arisa esordisce dicendo che il cercare il senso dell’eternità è inutile, folle. Non pensarci la farebbe sentire meglio:
“Credere all’eternità è difficile,
basta non pensarci più e vivere,
E chiedersi che senso ha? È inutile.
Se un giorno tutto questo finirà,
ritrovare un senso a questo assurdo controsenso
è solamente la più stupida follia.
Se non ci penso più mi sento bene.”
Leggere un giornale, stare al telefono con un amico, uscire a cena con un amore sono le semplici cose che la fanno stare bene. Ma è possibile vivere con felicità anche riflettendo sull’eternità se, come lei stessa canta, «cogli il buono di ogni giorno ed ami sempre fino in fondo».
Luca Frildini
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