Un’analisi dei testi dei brani di Francesca Michielin e Fedez, Maneskin, Colapesce e Dimartino, Fulminacci.
Un’analisi dei testi dei brani di Francesca Michielin e Fedez, Maneskin, Colapesce e Dimartino, Fulminacci.
Con il Festival di Sanremo arriva anche la consueta analisi dei testi delle canzoni in gara per trovare i riferimenti a Dio, alla religione e alla Chiesa che i cantanti hanno voluto inserire nei loro versi. Su Twitter il cardinale Gianfranco Ravasi, che come ogni anno sta seguendo l’evento canoro, tra i concorrenti ha per ora citato solo la diciannovenne Madame e la sua Voce: «Sarà la voce ad essere l’unica cosa più viva di me», oltre alla canzone Io sì della fresca vincitrice del Golden globe Laura Pausini, ospite sul palco sanremese: «Quando impari a sopravvivere / e accetti l’impossibile / nessuno ci crede, io sì». Ma veniamo ai brani partecipanti alla settantunesima edizione della kermesse.
Il gruppo rock dei Maneskin, formato da ragazzi appena ventenni, in Zitti e buoni rivendica una diversità anche da chi già si proclama diverso («Siamo fuori di testa, ma diversi da loro»). In questa presa di consapevolezza della sua unicità, che gli ha permesso di seguire a testa bassa la propria strada, non c’è spazio per Dio, ma per un generico senso che aiuta a emergere dalla massa:
«Scritto sopra una lapide
in casa mia non c’è Dio.
Ma se trovi il senso del tempo
risalirai dal tuo oblio.»
Colapesce e Dimartino, invece, stanno a guardare gli eventi e chiedono di ascoltare della Musica leggerissima, perché quella leggera è ancora troppo impegnativa per affrontare il malessere esistenziale che caratterizza la vita di oggi. La melodia del brano è infatti scanzonata, però contrapposta a parole che, come dicono, sono «allegre ma non troppo» e ben si adattano ai nostri tempi cupi, dove per loro Dio non si fa vedere (non tenendo conto che le nostre sventure sono del tutto umane):
«Se bastasse un concerto per far nascere un fiore
tra i palazzi distrutti dalle bombe nemiche
nel nome di un Dio
che non esce fuori col temporale.»
Per dimenticarsi di essere a un passo dal baratro, i due cantanti chiedono note lievi che vengano udite e cantate un po’ da tutti, persino dai preti:
«Metti un po’ di musica leggera
nel silenzio assordante
per non cadere dentro al buco nero
che sta ad un passo da noi, da noi
più o meno.
Rimane in sottofondo
dentro ai supermercati.
La cantano i soldati
i figli alcolizzati
i preti progressisti.»
In Chiamami per nome, la coppia artistica Francesca Michielin e Fedez cantano che, quando due persone si trovano davvero, le parole e le promesse non servono più, tanto che basta, appunto, chiamarsi per nome. Anche nelle difficoltà, insieme si può rinunciare a tutto, perché quello che conta è il conforto spirituale – ben espresso dal verso «In ascensore spreco un segno della croce, e quindi?» –, è il nutrimento per l’anima:
«Sotto questo temporale
piove sulla cattedrale.
Rinunceremo all’oro
scambiandolo per pane.»
Infine, Santa Marinella di Fulminacci a un certo punto riporta un’immaginaria atmosfera natalizia. Il brano è dedicato alla città del cantante, Roma, con la quale si sente come un pianeta e una stella, visione che ha avuto nella località di mare romana del titolo. La capitale è vista con uno sguardo trasfigurante, grazie al quale, nonostante i problemi, riesce ancora a ricavare delle gioie: «La mia città è un presepe in mezzo alle montagne / bianche ed ostinate come vecchie cagne».
Luca Frildini
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