Secondo il “Rapporto scuola media 2021”, in dieci anni la situazione della secondaria di primo grado non è migliorata, anzi.
Secondo il “Rapporto scuola media 2021”, in dieci anni la situazione della secondaria di primo grado non è migliorata, anzi.
Rispetto a dieci anni fa, la situazione della scuola secondaria di primo grado non è migliorata: gli apprendimenti restano insoddisfacenti, i divari territoriali e le disuguaglianze sociali sono ancora più evidenti, i docenti non sono meglio formati e la didattica è stata rinnovata. Lo dice Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, presentando il Rapporto scuola media 2021. L’indagine, sulla base di elaborazioni dei dati Invalsi del 2019 (quindi non condizionati dalla pandemia), mostra come le disparità dovute all’origine socio-culturale, misurate in base al titolo di studio dei genitori, esplodano passando dalla scuola primaria a quella media: il divario tra uno studente figlio di laureati e un alunno i cui genitori hanno la licenza elementare è nella prima mediamente di ventisei punti, mentre nella seconda sale fino a quarantasei punti, pari a una differenza di quasi tre anni scolastici.
Alla fine delle elementari i risultati sono simili, mentre dopo i tre anni di medie il Sud resta molto attardato, con diciassette punti in meno per l’area che comprende Abruzzo, Molise, Campania, Puglia e ventisette punti in meno per quella con Basilicata, Calabria, Sardegna e Sicilia, e la situazione è in peggioramento, anche per gli studenti di origine straniera rispetto ai loro pari con genitori italiani. Per quanto riguarda le differenze di genere, che risultano stabili rispetto alla primaria, la distanza tra ragazzi e ragazzi in matematica e scienza si è ridotta prevalentemente a causa di un consistente peggioramento dei maschi. In generale, la percezione che gli alunni hanno della secondaria di primo grado non è positiva e peggiora durante il corso di studi, con un aumento dello stress e una diminuzione della soddisfazione.
Anche per i docenti si rilevano diverse difficoltà, confermate o aggravate. Confrontando l’anno scolastico 2020-2021 con quello di dieci anni fa, il numero di docenti di ruolo è rimasto pressoché invariato (da 144.000 a 142.000), mentre quello dei precari è aumentato (da 35.000 a 60.000), passando dal 19% al 30% del totale. Inoltre, a dispetto delle attese derivanti dalla legge della Buona scuola del 2015, non c’è stato un significativo ringiovanimento del corpo insegnante: nel 2011 l’età media era poco più di cinquantadue anni, ora è poco meno. Un docente su sei supera i sessant’anni e solamente uno su cento ne ha meno di trenta. Poi, alle medie soltanto il 67% dei professori rimane nella stessa scuola da un anno all’altro (nella primaria era dell’83% e nelle superiori del 75% nell’anno scolastico 2017-2018), con le prevedibili conseguenze negative per la qualità della didattica.
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