I seminaristi di Milano dovranno vivere un anno in parrocchia

L’arcivescovo Delpini ha approvato, in via sperimentale per un triennio, una riconfigurazione del percorso seminaristico della diocesi.

Al termine della recente messa crismale, l’arcivescovo di Milano Mario Delpini ha comunicato di aver approvato, in via sperimentale per un triennio a partire dal prossimo settembre, una riconfigurazione del percorso seminaristico della diocesi, secondo quanto predisposto dai formatori del seminario e discusso con il Consiglio episcopale milanese. Le novità principali riguardano il fatto che «la vita di tutti i seminaristi sarà concentrata nel lotto dell’attuale biennio con spazi e tempi condivisi da tutti e altri propri per ciascuna tappa formativa» e l’anno di Terza teologia «sarà vissuto abitando nelle parrocchie a piccoli gruppi di seminaristi e frequentando quotidianamente il seminario per le lezioni e i momenti formativi».

Come si legge del documento ufficiale Riconfigurazione della vita comunitaria del seminario, ciò significa che nei primi due anni del percorso verso il sacerdozio «saranno sempre condivisi i pasti e i momenti ricreativi […], mentre la liturgia sarà comune prevalentemente al mattino […]. Invece, le attività pomeridiane e serali resteranno differenziate, a seconda delle proposte proprie di ciascuna tappa». Per quanto riguarda il primo anno della Tappa configuratrice, la vita comunitaria «sarà vissuta con tempi di inserimento più significativi entro realtà ecclesiali locali», prevedendo, tra l’altro, che «una coppia di sposi o famiglia […] possa diventare punto di riferimento per il gruppo di seminaristi», il quale dovrà essere formato dai tre ai cinque individui, per aiutare e favorire la rilettura e la formazione alla dimensione domestica e fraterna del vissuto.

Il rettore del seminario diocesano don Enrico Castagna ha spiegato che la prima motivazione che ha spinto la diocesi ad apportare questi cambiamenti è la costante diminuzione dei candidati al sacerdozio (nell’ultimo decennio i seminaristi sono calati da centocinquanta a settantotto e dal 2017 a oggi gli ingressi sono passati da ventiquattro a sei). I numeri sempre più limitati pongono questioni educative, legate al fatto che «in una piccola comunità, inserita in una struttura ampia, si alimenta un senso di sproporzione e altre dinamiche non generative», ed economico-etiche, in quanto «è ormai possibile che la vita seminaristica […] si possa svolgere, per lo più, in un lotto del seminario». Poi si sono altre cause: le esperienze vissute in questi anni, le perplessità di fronte ad alcuni passaggi del percorso, i pareri di preti e laici, la possibilità di rendere questa situazione evangelicamente propizia non vivendola come una sorta di ritirata.