C’è sempre meno incenso: occorre trovare un’alternativa?

Vediamo quali sono le valenze simboliche e le problematiche dell’uso di questa resina naturale molto importante per riti cristiani.

Nei riti cristiani, come anche in molte altre religioni, l’incenso ha una grande valenza simbolica. La sua funzione è quella di produrre non solo profumo, che ha il significato di creare un ambiente di preghiera pulito e bello in connessione a un ordine morale, ma anche fumo che sale verso l’alto, metafora concreta della preghiera che ascende a Dio: «Come incenso salga a Te la mia preghiera», recita il Salmo 140.

Nonostante le Scritture siano ricche di molti riferimenti all’incenso, dalla spiegazione di come prepararlo nell’Esodo al dono di uno dei Re Magi, le prime comunità cristiane guardavano con sospetto al suo uso, perché richiamava i rituali pagani e civili dell’epoca. La sua offerta a una divinità o all’imperatore è stata infatti un simbolo dell’apostasia richiesta ai cristiani durante le persecuzioni, i quali rischiavano la condanna a morte se si rifiutavano di farla. Quando nel IV secolo il cristianesimo diventò una religione ufficiale, avvenne la sua inculturazione nella liturgia cristiana. Così, oggi il Messale Romano ne prevede un uso facoltativo nell’Eucaristia domenicale e obbligatorio nelle esequie o nella consacrazione di una nuova chiesa.

Ma l’uso massiccio dell’incenso, che comprende anche la semplice aromatizzazione della stanza di una casa, sta portando a una crisi della materia prima più ricercata, quella impiegata nelle liturgie sacre. Come si legge su Avvenire, la produzione di questa resina vegetale sta calando e si calcola che tra vent’anni sarà dimezzata. Nei principali Paesi produttori – ovvero Somalia, Yemen, Etiopia, Sudan e India settentrionale – incendi, perdite di raccolti e commercio illegale conseguenti alle guerre e alla creazione illecita di pascoli sono alla base di questa riduzione della disponibilità. Per questo, sarebbe bene cercare prodotti che garantiscono la tracciabilità della provenienza e scegliere produzioni sostenibili.

Paolo Tomatis, docente di Liturgia alla Facoltà teologica di Torino, spiega che non tutte le resine sono uguali. Quelle utili alla liturgia devono produrre, con i loro grani non spezzettati e non mescolati, fumo oltre che profumo. Ma al giorno d’oggi, con la tecnologia che permette di miscelare elementi diversi e creare nuovi materiali, si potrebbe iniziare a cercare una sostanza di analoga qualità, così da non ricorrere più al prezioso prodotto orientale o, almeno, ridurne l’utilizzo. In Occidente, poi, ci si è allontanati dal gesto dell’incensare cose e persone e a volte si preferisce far bruciare la resina in un piccolo braciere anziché utilizzare il turibolo. La sfida è, quindi, anche culturale.