Etiopi e somali approdano nel Paese dove c’è una delle peggiori crisi umanitarie al mondo per raggiungere l’Arabia Saudita.
Etiopi e somali approdano nel Paese dove c’è una delle peggiori crisi umanitarie al mondo per raggiungere l’Arabia Saudita.
Da ormai dieci anni in Yemen è in corso una drammatica guerra civile, ma, nonostante il Paese sia per questo colpito da una delle peggiori crisi umanitarie al mondo, i migranti africani che varcano i suoi confini sono in continuo aumento. Vengono soprattutto dall’Etiopia e dalla Somalia, sperando, dopo essersi imbarcati a Gibuti, di raggiungere l’Arabia Saudita, la più grande economia del mondo arabo diventata la terza destinazione delle migrazioni dopo Germania e Stati Uniti. Sono oltre trecentomila, afferma l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni e riporta Nigrizia.
Se nel 2021 erano arrivate via mare circa ventisettemila persone, l’anno scorso il numero è salito a novantasettemila. La maggior parte, però, rimane bloccato, prigioniero e vittima dei trafficanti in un clima di violenze, stupri, ricatti, col rischio di essere venduto a un altro sfruttatore. Non riuscendo a raggiungere la meta desiderata, spesso non può nemmeno tornare indietro. Vista la situazione estremamente critica dello Yemen, nemmeno le agenzie umanitarie riescono a farsi carico di tutti i possibili rimpatri negli Stati d’origine, gestendoli in modo sicuro.
Purtroppo, la rotta dal Corno d’Africa è anche la più pericoloso al mondo, sia per le condizioni che i migranti trovano all’arrivo, sia per la natura stessa del viaggio. Nel tratto di mare al largo delle coste di Gibuti non sono rari i naufragi e, negli ultimi dieci anni, sarebbero circa mille le persone morte o disperse nelle acque dello stretto di Bab el-Mandeb. Coloro che riescono ad arrivare vivi in Yemen e a non cadere nelle grinfie dei trafficanti, poi, hanno la possibilità di finire uccisi sul confine con l’Arabia Saudita. Molte testimonianze parlano addirittura omicidi di massa da parte delle guardie di frontiera saudite. Tutto ciò, comunque, non serve da deterrente per chi fugge da morte e fame.
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