Il senso delle strutture dell’oratorio

L’ambiente non è mai neutro: ecco alcuni criteri coi quali confrontarsi per armonizzare spazi e progetto pastorale oratoriano.

La struttura di un oratorio può fare la differenza, ricorda Paolo Carrara, docente di Teologia pastorale, richiamando la nota pastorale della CEI del 2013 Il laboratorio dei talenti sul valore e la missione degli oratori nel contesto dell’educazione alla vita buona del Vangelo. «Vi può essere un oratorio-struttura in perfette condizioni, ma desolatamente vuoto; vi può essere un oratorio-struttura di modesto valore, ma che lascia una grande impronta educativa grazie alla qualità della proposta che vi viene offerta; vi può essere oratorio addirittura anche quando manca uno spazio attrezzato». Sicuramente, l’ambiente non è mai neutro ed è decisivo che sia attraversato da una logica conforme agli intenti di evangelizzazione che animano l’oratorio-progetto.

L’argomento è affrontato nell’articolo Le strutture oratoriane. Riflessione teologico-pastorale sul loro senso contenuto nel dossier Fare. Disfare. Rifare l’oratorio? a cura di don Pietro Bianchi, don Stefano Guidi e don Emanuele Poletti di ODL – Oratori Diocesi Lombarde, proposto nell’ultimo numero di Note di Pastorale Giovanile. Carrara rivolge l’attenzione verso ciò che si trova scritto nel documento dei vescovi: «Gli ambienti, il loro utilizzo e la loro gestione possono dire molto in riferimento alle scelte educative. […] Ogni scelta relativa agli ambienti dell’oratorio va contemperata con le esigenze delle attività educative e non deve snaturare le finalità principali dell’oratorio». Relativamente alle strutture fondamentali, per quanto possibile, in questo testo si parla di casa, spazi esterni per il gioco, spazi interni per altre attività, angolo della preghiera o piccola cappella.

Questa impostazione richiama l’esperienza salesiana, dove l’oratorio è casa che accoglie, parrocchia che evangelizza, scuola che avvia alla vita, cortile per incontrarsi con gli amici. «Non ci può essere oratorio al di fuori di queste quattro coordinate», il cui intreccio definisce il campo del progetto pastorale oratoriano e offre indicazioni preziose per immaginarne gli spazi. Occorre dunque, continua il professore, chiedersi quali siano oggi le modalità più adeguate a realizzare questa tessitura tra casa, cappella, scuola, cortile. Non c’è una risposta univoca ed estendibile a ogni contesto locale, ma si possono identificare alcuni criteri orientativi con i quali confrontarsi.

Innanzitutto, non ha senso costruire un nuovo oratorio o ristrutturarne uno già esistente pensando troppo in grande rispetto all’attuale tempo di contrazione numerica dei fedeli ed economica. Inoltre, le scelte su cosa e come costruire e ristrutturare non possono essere affidate esclusivamente a dei tecnici, va coinvolta la comunità che deve immaginare quali spazi educativi vuole destinare ai giovani. Da un punto di vista pastorale, l’oratorio deve avere una chiara proposta cristiana, ma essere aperto a tutti; ha una centratura sui ragazzi, ma non può prescindere dalle loro famiglie e dalla comunità cristiana; appartiene alla parrocchia o a un istituto, ma non si deve isolare rispetto al territorio. Dall’analisi delle esigenze specifiche, può emergere la scelta degli spazi da privilegiare (un laboratorio per insegnare un mestiere, un appartamento per momenti di vita comune…). Infine, va tenuto conto della sobrietà e dell’attenzione ai costi, della sostenibilità e dell’impatto ambientale, della flessibilità e modularità degli spazi in ottica polifunzionale. Così si costruisce un ambiente sociale adatto alle esigenze della comunità e ai tempi odierni.