Un piccolo affresco nel duomo di Crema ci parla delle antiche persecuzioni anticristiane, ma anche della forza della fede.
Un piccolo affresco nel duomo di Crema ci parla delle antiche persecuzioni anticristiane, ma anche della forza della fede.
In una nicchia del duomo di Crema, su lato destro dell’abside, si può vedere un piccolo affresco tardomedievale che rappresenta sette persone dormienti attorniati da rocce. Questa pittura, realizzata in uno stile popolareggiante della fine del Trecento o dell’inizio del secolo successivo, raffigura i giovani martiri di Efeso che furono murati vivi in una grotta a causa delle persecuzioni romane contro i cristiani, poi miracolosamente sopravvissuti. Il racconto, trasmesso in Occidente da Gregorio di Tours e Paolo Diacono (in Oriente anche dalla sura XVIII del Corano detta appunto “della caverna”), fu diffusa da Jacopo da Varazze nella sua celebre Legenda aurea (XIII secolo) ed ebbe una fortunata tradizione figurativa, come riporta Avvenire.
Nel testo si narra che ai tempi di Decio, imperatore dal 249 al 251, ripresero le persecuzioni anticristiane e i giovani Costantino, Dionisio, Giovanni, Massimiano, Malco, Marciano e Serapione, funzionari di corte, donarono i propri beni ai poveri e si ritirarono in preghiera e digiuno su un monte perché non volevano sacrificare agli idoli. Ogni mattina, uno di loro si travestiva da mendicante per andare in città a prendere del pane. Un giorno, Malco venne a sapere che l’imperatore, stanco della loro resistenza, li avrebbe arrestati. Decio fece addirittura murare la caverna dove i sette si erano rifugiati, i quali però nel mentre erano caduti in un sonno profondo per volontà divina.
Al tempo di Teodosio, imperatore dal 408 al 450, un possidente di Efeso decise di costruire delle stalle proprio su quel monte e fece abbattere il muro che chiudeva la grotta. Allora avvenne il miracolo: i dormienti si svegliarono e si comportarono come se fossero andati a dormire la sera precedente, sempre preoccupati di essere perseguitati. Ma erano passati quasi due secoli. Infatti, Malco scese in città per comprare il solito pane e trovò ovunque croci cristiane e il nome di Cristo liberamente pronunciato. Inoltre, la moneta che usò, ormai scaduta, gli causò un’accusa di frode. Portato in giudizio, raccontò la sua versione dei fatti e sia il vescovo che il proconsole capirono.
Allora fu chiamato da Costantinopoli Teodosio, che salì alla caverna e si prosternò davanti ai sette, dicendo: «Nel vedervi, è come se io vedessi il Signore che risuscita Lazzaro». Massimiliano rispose: «È per te che Dio ci ha risuscitati prima del giorno della Grande Risurrezione, affinché tu non abbia più dubbi sulla sua realtà!». Appena dopo, essi si addormentarono di nuovo, questa volta rendendo l’anima a Dio. Il racconto, all’epoca diffuso per contrastare le eresie avverse alla risurrezione dei corpi, parla anche a noi, in giorni di guerra in cui civili e soldati ucraini vengono sepolti vivi: la morte non può sfigurare il corpo così tanto da non potergli far riprendere la sua forma gloriosa nel giorno del Giudizio.
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