La sfida pastorale dei piccoli paesi rimasti senza preti

Settimana nazionale di aggiornamento pastorale: i laici saranno fondamentali per mantenere vive le comunità.

«Cara parrocchia di “nessuno”, finalmente si sono accorti che ci siamo anche noi! Abbiamo saputo di essere una parrocchia delle aree interne. […] Qui siamo rimasti in pochi; un po’ di case e di fienili e stalle e una bella chiesa col campanile […]. Ai nostri tre figli insegniamo le preghiere […]. Abbiamo dovuto noi raccontare loro qualche bella parabola del vangelo, perché a scuola non dicono loro niente di questo. È il nostro catechismo per aiutarli a credere in Dio e innamorarsi di Gesù, perché voi vi siete fatti vedere una volta o due e poi siete spariti del tutto. Li vorremmo portare in chiesa qualche volta, ma ce l’avete chiusa alla grande; abbiamo una santella lungo una strada, usiamo quella per qualche bacetto e mazzetto di fiori, ma la chiesa è un’altra cosa […].

Avete fiducia che noi possiamo essere una piccola chiesa? Siamo tutti battezzati, io e mia moglie siamo cresimati, sposati; viviamo tutti i sacramenti […]. Non siamo già una piccola chiesa? se ci portate qualche volta l’Eucaristia con una messa possiamo fare pure i missionari con i nostri amici. E fare qualche festa religiosa con i compagni di lavoro che passerebbero volentieri qualche serata da noi. Hanno mica cominciato così anche i primi cristiani? […] Vogliamo essere la chiesa del Signore in pienezza».

Questo è uno stralcio della lettera, firmata da «Due sposi e tre figli decisi a fare chiesa», che è stata diffusa in occasione della settantaduesima Settimana nazionale di aggiornamento pastorale del Centro di Orientamento Pastorale dal titolo “Andò in fretta verso la montagna. Esisterà ancora nei piccoli paesi la comunità cristiana che segue e annuncia Cristo?”, che si è svolta dal 26 al 28 giugno 2023 presso il seminario arcivescovile dell’arcidiocesi di Lucca. La missiva tocca un tema sempre più rilevante all’interno della Chiesa italiana: quale sarà il futuro delle tante comunità di fedeli che vivono in piccoli paesi isolati e sempre più disabitati e che non hanno più un parroco residente?

Nelle conclusioni della Settimana, il presidente mons. Domenico Sigalini afferma che bisogna fare in fretta a decidere le strategie per le aree interne, anche attraverso l’istituzione di «nuove forme e figure ministeriali dedicate alla prossimità» o la valorizzazione delle «famiglie come piccole chiese, che hanno in sé tutti i sacramenti, la parola di Dio, la vita di una famiglia cristiana normale e convinta». Ciò significa che «è tempo di far rifiorire nelle nostre comunità una ministerialità diffusa», maturando «la consapevolezza dei fedeli laici come soggetti attivi dell’agire pastorale. Rispondere alle sfide di oggi come comunità ecclesiale richiede l’uscire da una forma prete centrica e addentrarsi in una forma di Chiesa in cui il Popolo di Dio è la comunità che evangelizza». Per questo esistono strumenti normativi quali il ministero del catechista, l’accolitato e il lettorato, ma il passaggio decisivo sarà possibile solo grazie alla sperimentazione di nuovi ministeri.