Non basta credere, occorre anche desiderare fortemente di riconoscere Gesù ed essere pronti a farsi riconoscere da lui.
Non basta credere, occorre anche desiderare fortemente di riconoscere Gesù ed essere pronti a farsi riconoscere da lui.
A volte, il tempo che passiamo in famiglia o con gli amici, al lavoro o nella comunità ecclesiale, sembra scorrere uguale a sé stesso, dandoci l’impressione che lo stiamo consumando pigramente, che ci stia sfuggendo di mano. Talvolta, invece, il suo procedere tranquillo ci conforta, come se ci stesse cullando dolcemente. Comunque sia, ci potremmo trovare a credere che niente di diverso o nuovo possa accaderci, rifugiandoci a usare rimedi naturali o artificiali in grado di contrastare la noia o l’angoscia: «mangiavano e bevevano, prendevano moglie e marito, […] e non si accorsero di nulla» (Mt 24,38-39).
Su Vino Nuovo Sergio Ventura, ragionando su tale stato d’animo, sottolinea come il Vangelo si opponga a questa visione della vita. In ogni momento, qualcosa – o qualcuno – di diverso o nuovo può avvenire. Non per niente, il tempo liturgico in cui il cristiano ricorda la venuta di Gesù sulla Terra si chiama Avvento. «Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora» (Mt 25,13), dicono le Sacre Scritture per prepararci a non mancare l’appuntamento con Cristo, per il quale dobbiamo avere fede e speranza. Ma non basta crederci, occorre anche desiderare fortemente di riconoscerlo e, soprattutto, essere pronti a farsi riconoscere da lui.
La parabola delle dieci vergini (Mt 25,1-13) racconta questa attitudine: senza la luce delle lampade a olio, le cinque vergini definite stolte sono irriconoscibili nel buio della notte, per cui lo sposo non le fa entrare alle nozze. La loro mancanza di preparazione – e di passione, se si considera metaforicamente il calore dei lumi accesi – ne determina il destino. A loro, in fin dei conti, viene richiesta una piccola accortezza, non la perfezione, non lo sforzo di restare sveglie tutta la notte. Infatti, assieme alle cinque vergini sagge si addormentano: anche Giacomo, Pietro e Giovanni hanno ceduto al sonno nell’orto degli ulivi!
A un certo punto, una voce misteriosa le desta dalla sonnolenta attesa, ma alcune sono pronte, altre no. Potrebbe sembrare scandaloso l’apparente egoismo delle vergini sagge e dello sposo, però loro rappresentano una parte del nostro io che fronteggia il suo opposto: saggia e stolta, previdente e imprevidente, desiderosa e svogliata. Questo rende evidente gli effetti della stoltezza, che ricadono tragicamente su chi ne è segnato. Lo stolto, inoltre, più si presenta come perfetto (vergine), più proietta sugli altri – e sull’Altro – le conseguenze delle sue azioni. La parabola insegna dunque che dobbiamo assumerci la nostra responsabilità, domandandoci perché non siamo riusciti a essere pronti ad affrontare ciò che alla fine è avvenuto. Nonostante ogni imprevidenza, comunque, Qualcuno mi offrirà qualcosa che nessun essere umano può darmi: Egli, prima o poi, arriverà.
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