Finiti in manette anche preti e suore: «Il trattamento dei migranti dovrebbe oltraggiare tutte le persone di fede».
Finiti in manette anche preti e suore: «Il trattamento dei migranti dovrebbe oltraggiare tutte le persone di fede».
Tra i settanta arrestati dalla polizia nella rotonda d’ingresso del Senato degli Stati Uniti c’erano presti, suore e parrocchiani. Giovedì scorso, incuranti degli avvertimenti degli agenti, cinque attivisti cattolici si sono sdraiati sul pavimento del Campidoglio formando una croce umana e intonando i nomi dei bambini migranti morti nelle strutture di custodia del governo federale, con in mano le loro foto: Darlyn, Jakelin, Felipe, Juan, Wilmer, Carlos. Attorno, gli altri recitavano l’Ave Maria.
Poco prima, sul prato esterno, c’era stata una manifestazione, organizzata dal Centro Colomban per la difesa e la sensibilizzazione, dalla Conferenza dei superiori maggiori maschili, dalla Conferenza dei gesuiti di Canada e Usa, dalla Conferenza delle religiose degli Stati Uniti, da Pax Christi Usa e da altri, per protestare contro le politiche di immigrazione frontaliere, in particolare nei confronti dei minori. Preghiere, testimonianze di migranti terrorizzati dall’idea di perdere i propri figli e letture dei messaggi dei vescovi a sostegno dell’iniziativa hanno anticipato l’atto di disobbedienza civile che si è concluso con le manette.
Tra gli arrestati c’è anche suor Pat Murphy, religiosa di novant’anni che lavora con migranti e rifugiati a Chicago e che da ben tredici anni organizza tutti i venerdì veglie di preghiera davanti all’agenzia delle migrazioni. Le sue parole, riportate dall’Agenzia Sir, sono significative: «Il trattamento dei migranti dovrebbe oltraggiare tutte le persone di fede». Anche suor Ann Scholz, della Conferenza delle responsabili delle religiose americane, ribadisce questo messaggio: «Siamo qui perché il Vangelo ci obbliga ad agire e siamo indignati per il trattamento orribile riservato alle famiglie e in particolare ai bambini. Questo trattamento non può continuare nel nostro nome».
In tutto il Paese, dopo l’annuncio dei raid degli agenti dell’immigrazione, centinaia di persone di tutte le fedi si sono mobilitate per manifestare contro le leggi sulla migrazione e lo stop al trattenimento dei migranti, in particolare dei bambini separati dalle famiglie, nei centri di detenzione al confine con il Messico. A questi appuntamenti è stato dato il nome di “Luci per la libertà”, con la Statua della Libertà, icona dell’accoglienza negli Usa, scelta come simbolo.
A New York, di fronte ai tribunali dell’immigrazione, la pastora cristiana Kaji Douša, inserita nella lista delle persone da tenere sotto controllo per la sua posizione verso la tutela dei migranti, ha ricordato che «per chiunque affermi di essere un cristiano e ignora che Gesù era un rifugiato e un immigrato ci saranno conseguenze nella vita eterna». Il cardinale di New York Timothy M. Dolan ha ricordato che il Paese è per definizione «nazione di immigrati». Dieci manifestanti di religione ebraica sono entrati per protesta nell’Agenzia per il controllo delle frontiere e dell’immigrazione a Washington. Le pressioni sul Congresso continuano.
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