Lo strano caso delle chiese con due absidi

Nel Medioevo le forme dell’edificio sacro avevano una varietà che al giorno d’oggi può apparire disorientante.

Tutti i tipi di chiesa – a croce latina o greca, basilicale (senza transetto), a navate e spesso persino quella centrale – hanno storicamente in comune la conclusione della pianta con absidi in numero dispari: uno, tre, cinque. La questione sembra limpida, ma le cose non stanno proprio così. Tra l’VII e il XIII secolo, prima in Oriente e poi in Occidente, le forme dell’edificio sacro avevano una varietà che al giorno d’oggi può apparire disorientante, da quelle con due navate a quelle con una navata e due absidi. In Europa, le testimonianze giunte sino a noi sono scarse, principalmente perché la Chiesa uscita dal Concilio di Trento aveva iniziato un processo di normalizzazione anche architettonica, in un secolo in cui queste configurazioni particolari erano già cadute in disuso.

Come riporta Avvenire, in una ricerca sulle chiese terminanti con una coppia di absidi, curata da Ercole Ceriani e Laura Maletti e basato sulle relazioni delle prime visite pastorali, si scopre che la maggior parte di questi edifici è nata proprio così, mentre alcune volte è documentata la trasformazione di costruzioni monoabsidate, il tutto per particolari esigenze liturgiche che, allo stato attuale degli studi, non sono ancora chiare. Queste necessità, infatti, non si possono ricondurre univocamente alla dimensione battesimale o funeraria oppure alla coesistenza di riti diversi.

Seguendo la storiografia tradizionale, l’approccio a questi casi si è rivelato parziale, privilegiando alcune componenti costruttive e certi esiti estetici e traducendosi in una prassi classificatoria che ha anche condotto a restauri impoverenti, se non distorcenti, il senso di un’architettura. Questo ha generato un sostanziale disinteresse per lo spazio liturgico e per quella che può essere definita come la biodiversità rituale e devozionale. Un rimando generico a principi teologici o spirituali ha causato un impoverimento del senso dell’edificio chiesa.

Questa riflessione è utile non solo da un punto di vista storico, ma anche per l’architettura sacra contemporanea, che potrebbe prendere spunti non tanto sotto forma di citazione, visto che ci deve essere un allineamento tra la ripresa formale e i valori liturgici, ma per far nascere idee maggiormente plastiche dello spazio ecclesiale. Andando oltre gli stereotipi di una tradizione che in realtà è molto meno convenzionale di quello che si pensa, come confermato dalle chiese biabsidate, la liturgia conciliare potrà trovare nuove forme adeguate.

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