Nel settembre dell’anno scorso la guerra civile è terminata, ma gli eserciti continuano i reclutamenti di minori.
Nel settembre dell’anno scorso la guerra civile è terminata, ma gli eserciti continuano i reclutamenti di minori.
In Sud Sudan, nel settembre del 2018 è stata sottoscritto un accordo di pace dopo il conflitto tra il presidente Salva Kiir, dell’etnia denka, e l’ex-vicepresidente Riek Machar, etnia nuer, che durava da cinque anni. Ma la guerra civile ha ancora conseguenze drammatiche: sia nelle file dell’esercito regolare che in quelle dei ribelli, continuano a essere arruolati con la forza migliaia di bambini soldato, ovviamente contro qualsiasi diritto umano fondamentale. Entrambi gli schieramenti, comunque, negano ogni coinvolgimento in questi reclutamenti forzati. Ma nel Paese i bambini soldato sono, secondo l’Unicef, 19.000.
Per questa situazione, tre ragazzi di un villaggio nello stato di Warrap – Nelson di 17 anni, Chock di 14 e Deng di 12 – sono scappati dai reclutatori del governo, trovando protezione a Wau, nello stato Bahr al-Ghazal Occidentale. Come riportato da Nigrizia, Nelson, nascosto da mesi in un centro scolastico nella periferia della cittadina, ha raccontato:
“I soldati hanno detto a mio padre che se non mi avesse consegnato, gli avrebbero portato via sette mucche. Mi sono rifiutato, così ha lui chiamato i soldati che mi hanno bloccato mentre ero in chiesa. Mi hanno picchiato a sangue e mi hanno messo in una cella ma sono riuscito a fuggire, arrivando qui a Wau. […] Non gli porto rancore, anche se è stato lui a mettermi in questa situazione. E non posso tornare a casa, perché i soldati mi prenderebbero di nuovo.”
I cugini Deng e Chock, che sono in salvo nello stesso centro, hanno riportato una storia simile.
“Un giorno, mentre giocavamo, abbiamo sentito i nostri genitori parlare con i soldati. Abbiamo capito che l’indomani i militari sarebbero ritornati per prenderci. Non ci abbiamo pensato due volte, ci siamo allontanati da casa, abbiamo dormito nella selva e al mattino ci siamo diretti verso Wau. Avevamo già visto altre volte dei nostri coetanei gettarsi dai furgoni militari in corsa perché non volevano essere reclutati. Alcune madri tentavano di opporsi, ma erano picchiate dai mariti.”
Il problema ulteriore è che se i figli scappano, i genitori ci rimettono perché i soldati si vendicano. Inoltre, casi come questi, non essendo ufficiali, sono difficili da trattare a livello politico da parte delle organizzazioni non governative.
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